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Questo articolo è stato pubblicato il 09 febbraio 2011 alle ore 07:29.
L'energia è un fattore di competitività. È un driver della crescita. Quindi il segmento dell'energia ha bisogno di reti indipendenti, dello sviluppo delle infrastrutture, di costi ragionevoli. E le fonti rinnovabili di energia sono importantissime ed è giusto incentivarle finché gli aiuti non creano distorsioni, come si rischia che accada adesso, mentre va rafforzata la frontiera dell'efficienza energetica, sulla quale il governo ha una politica ondivaga. Questi sono stati alcuni dei temi trattati ieri a Milano durante il convegno Mce su traffico, mobilità ed energia promosso dall'Assolombarda con la Camera di commercio.
Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria, sottolinea il concetto che per una liberalizzazione effettiva è necessaria l'indipendenza delle reti. Se ciò è avvenuto nell'elettricità (l'Enel ha ceduto l'alta tensione ed è nata Terna), nel mercato del metano c'è moltissima prudenza. Il presidente uscente dell'Autorità dell'energia, Alessandro Ortis, da tempo forza sulla separazione totale della Snam rete gas dalla controllante Eni, e Marcegaglia si avvicina a questa posizione netta che spiace invece alla compagnia di San Donato Milanese e al ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, i quali propongono una soluzione mediata di "separazione funzionale". Il problema però – dice Marcegaglia – è che il tema delle reti non va affrontato in chiave nazionale: «Serve una soluzione simmetrica di ambito europeo».
Per l'efficienza energetica, la Confindustria chiede di rintrodurre, gli aiuti. «Possono aggiungere uno 0,4% al Pil creando 800mila posti di lavoro». Il costo per lo stato sarebbe sui 1,5 miliardi, stima Marcegaglia, ma i benefìci dati dai risparmi superano i 3 miliardi. Più delicato il tema degli aiuti alle fonti rinnovabili di energia. Un ruolo insostituibile, «siamo diventati secondi in Europa», ricorda la presidente della Confindustria, e «il paese deve investire in fonti rinnovabili, ma con una graduale riduzione degli incentivi, tra più alti in Europa».
Tema caldissimo, quello degli incentivi e dei vincoli alla realizzazione delle reti. Ne hanno accennato al convegno Roberto Potì (Edison) e Fulvio Conti (amministratore delegato dell'Enel), ma anche Emilio Cremona (presidente del Gse), Stefano Conti (Terna) e l'ecologista Ermete Realacci (presidente della fondazione Symbola). Le smagliature normative hanno consentito distorsioni di mercato sulle infrastrutture elettriche e, per accaparrarsi gli incentivi importanti alle fonti rinnovabili di energia, si rischia di generare quella "bolla" che ha portato a domande di allacciamento alla rete elettrica per centrali "verdi" pari a 200mila megawatt (131mila i megawatt delle domande di allacciamento censite da Terna sull'alta tensione). Tutti sono d'accordo (anche il ministro Romani, che da Roma dice che i sussidi non devono pesare sulle tasche dei cittadini) nel mitigare queste distorsioni e nel mettere un freno agli "ecofurbi" che guadagnano incassando gli incentivi pagati dagli italiani attraverso le bollette della corrente.
Secondo Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico, le infrastrutture sono essenziali, come i rigassificatori, il cui numero sarà deciso non di dirigismi bensì dalle logiche di mercato. Sulla dozzina di progetti, «si conteranno sulle dita di una mano» quelli che saranno costruiti.
Un cenno al nucleare, strumento per diversificare le tecnologie energetiche. Uno studio del Mit – ricorda Marcegaglia – dice che l'energia atomica è competitiva se nel costo del chilowattora si conta anche il peso delle emissioni di CO2 (che il nucleare non ha). Il presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni, è d'accordo. È un via libera lombardo all'energia atomica? Non molto. «Non pare che in Lombardia ci siano siti adeguati».
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