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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2011 alle ore 07:41.
Una superbolletta 2011 da 4 miliardi di euro solo per incentivare le energie rinnovabili. Esosa, iniqua e soprattutto impiegata male. L'accusa, infiocchettata di proposte, viene dall'Authority per l'Energia. Che non ha perso tempo dopo l'ultima diagnosi sull'accelerazione all'energia solare che il nostro paese ha però ottenuto a carissimo prezzo (si veda Il Sole 24 Ore di ieri).
La reazione è tempestiva anche perché siamo alle ultime battute nel confronto tra il Governo e le categorie coinvolte nella riforma degli incentivi prevista dal decreto legislativo «che sarà approvato a breve» ha affermato proprio ieri il ministro dello Sviluppo, Paolo Romani.
Attutire e rimodulare gli incentivi tenendo conto dell'evoluzione tecnologica (che consentirebbe sussidi sempre più lievi) e delle esigenze di trasparenza nella loro erogazione? Belle parole, da tutti condivise. Sta di fatto che il confronto conferma una grande divaricazione di tesi e interessi. Le associazioni degli operatori si battono per attenuare gli aiuti il meno possibile. Se ne fa interprete l'Assosolare, che plaude per l'obiettivo dei 7 gigawatt di energia fotovoltaica raggiunta a fine 2010 e invita a raddoppiare il target nazionale (praticamente già raggiunto) degli 8mila megawatt al 2020.
Intanto gli amministratori locali rivendicano se non altro regole chiare e tempestive: proprio ieri il governatore della Puglia, Niki Vendola, ha protestato contro i ritardi del Governo nel comunicare i nuovi obiettivi da assegnare in maniera differenziata alle regioni. Le associazioni ambientaliste più vivaci, come gli Amici della Terra, invitano invece a premere con maggiore decisione sull'efficienza, chiudendo ancora di più il rubinetto dei sussidi agli impianti.
Tutto ciò incalza l'Authority per l'energia. Che in una segnalazione al Governo e Parlamento chiede opportuni «correttivi» allo schema dell'ultimo decreto legislativo sui sussidi. Il costo totale per incentivare le sole rinnovabili vere (escluse le "assimilate") è passato - puntualizza l'Authority – dai 2,5 miliardi di euro 2009, ai 3,4 miliardi 2010 fino a superare quest'anno i 4 miliardi.
Come promuovere bene le rinnovabili tenendo fede agli obiettivi europei senza pesare eccessivamente sulle bollette? Con «regole certe, misure anti-speculazione e meccanismi di mercato» sintetizza l'Authority. In particolare occorre «limitare drasticamente il rinvio a futuri decreti attuativi per garantire agli operatori norme e tempi certi per gli investimenti». Bisogna inoltre privilegiare «strumenti di mercato» (come le aste per tutti i tipi di fonti), evitando «l'eccessivo ricorso a meno efficienti incentivi amministrati» (i sussidi diretti e indiscriminati).
Gli interventi anti-speculazione? Indispensabili e urgenti. Lo scenario è effettivamente sconcertante: 50 mila nuovi impianti "verdi" da connettere in rete, richieste di autorizzazioni per impianti di energia rinnovabile per oltre 130 gigawatt, oltre il doppio della potenza elettrica totale ora disponibile in Italia. Gli «intenti speculativi» (chiedo i permessi e l'allacciamento per poi rivendere le carte) sono più che evidenti.
Va tra l'altro previsto – chiede l'Authority – «un unico procedimento autorizzativo per gli impianti di produzione e i necessari allacciamenti» verificando bene la consistenza delle opere.
Con l'occasione l'Authority rilancia due cavalli di battaglia: guai, in tutto ciò, a non privilegiare comunque l'efficienza energetica, con quei "certificati bianchi" che hanno «già prodotto risultati superiori agli obiettivi» (Gli amici della Terra saranno contenti). E intanto, per attenuare almeno un po' l'onere crescente delle rinnovabili sulle bollette, si potrebbe spostare almeno in parte il finanziamento – rilancia l'Authorità – sulla fiscalità generale.
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