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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2011 alle ore 15:42.
Anche l'Italia userà il modello "tedesco" per la nuova politica di incentivi alle rinnovabili: nessun tetto prefissato ma sussidi decrescenti nel tempo tenendo conto del progressivo guadagno di efficienza e redditività degli impianti, innanzitutto dei pannelli solari. Sullo schema del quarto conto energia per il fotovoltaico, che in pochi anni si prevede che possa raggiungere la grid parity, tutti sono apparentemente d'accordo. Ma solo apparentemente.
Modello tedesco ma con un ridimensionamento più lento, chiedono le più battagliere associazioni degli operatori delle rinnovabili. Modello tedesco sì ma in toto, risponde polemicamente Agostino Conte, presidente del "tavolo della domanda" di Confindustria, che raccoglie le istanze delle categorie imprenditoriali più energivore e quindi più esposte ai massicci sovracosti che pesano sulle bollette per finanziare i sussidi.
In attesa del ritardatario schema di decreto legislativo che ridisegna gli incentivi, che il Governo si era impegnato a presentare in anticipo rispetto alla scadenza fissata per fine mese, la polemica non si placa. Il metodo tedesco di incentivazione del fotovoltaico «può essere una soluzione, se però viene applicato pienamente – precisa Agostino Conte – e cioè non solo nel metodo, ma anche nel merito dell'ammontare degli incentivi».
In Germania – incalza Conte – «sono garantiti ricavi pari a un terzo di quelli del terzo conto energia italiano». Dunque «è chiaro a tutti che guardare alla Germania per il metodo, che non prevede alcun controllo sui volumi sviluppati bensì un autocontrollo sull'incentivo, ma mantenere gli incentivi all'italiana vuol dire solo garantirsi un altro anno di rendita ingiustificata, sulle spalle della bolletta di imprese e cittadini».
«Chiedere garanzie sul livello di incentivi senza alcun controllo su quanti ne possano legittimamente usufruire, significa – ammonisce Conte – alimentare un circolo vizioso che impatta sui costi che sostengono le imprese senza generare uno sviluppo tecnologico del settore». Con il rischio di assecondare «interessi speculativi e dispersione di risorse».
Le associazioni degli operatori delle energie rinnovabili serrano intanto e fila con un documento comune di Aper, Assosolare, Asso Energie Future e Grid Parity (che però non è sottoscritto da Gifi Anie). Il documento sintetizza così le richieste della categoria: salvaguardia degli investimenti già avviati dalle imprese con certezza delle tariffe fissate solo sei mesi fa nel terzo Conto Energia, almeno fino a fine anno; nessun limite alle installazioni annuale o cumulato per tipologia o per taglia, niente tetto annuale sui megawatt installati e niente tetto complessivo al 2020; diminuzione costante delle tariffe sul modello tedesco fino a un taglio che può arrivare a un massimo del 20% nel 2012.
Gli operatori chiedono inoltre che a chi comincia a costruire oggi (a metà 2011) venga assicurata una riduzione degli incentivi non superiore al 10% più un ulteriore 4% in caso di raggiungimento anticipato della soglia di 9,5 gigawatt. Introdurre un limite alle installazioni – sostengono – «pregiudicherebbe peraltro lo stesso funzionamento del meccanismo di incentivazione, impedendo i finanziamenti: le banche bloccherebbero tutto il credito, perché non potrebbero sapere quali tra le domande presentate andranno a buon fine».
(F.Re.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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