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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2011 alle ore 15:02.

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Il mercato del minieolico ha un futuro roseo. Anzi, sempre più roseo. L'ultimo rapporto pubblicato dalla società specializzata in analisi di business Global Data dice che nel 2020 il mercato delle turbine con meno di 100 kW di potenza, come vengono convenzionalmente definite quelle che rientrano nel minieolico, raggiungerà i 3,7 GW. Nel 2010, ultimo dato disponibile, eravamo a 275,8 MW, e questo significa che il tasso di crescita sfiorerà il 30% (29,7%), superando il 27% che ha fatto segnare negli ultimi cinque anni. Insomma, un passo notevole, nonostante le cifre in termini assoluti restino piuttosto contenute.

Dal 14 al 16 settembre, tra l'altro, a Roma si svolgerà "Eolica expo", che è la più grande fiera italiana del settore, dove si potranno trovare molte novità tecniche.

Il minieolico segue una logica del tutto diversa da quella dei grandi parchi eolici, che producono energia dal vento su scala industriale. I piccoli impianti servono ad alimentare edifici isolati, piccole fabbriche, porti, aziende agricole. Sono meno convenienti al punto di vista economico, scontano meno investimenti da parte delle grandi industrie, ma hanno altri vantaggi: minore impatto ambientale, prima di tutto, la possibilità di fornire energia a edifici in luoghi isolati (per esempio in montagna), la possibilità di fornire una potenza adeguata alle esigenze di una piccola impresa senza occupare molta superficie come con il fotovoltaico.

A dominare il mercato sono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e il Canada, che mettono insieme il 68% della capacità totale installata. Perciò anche i maggiori produttori sono concentrati in questi Paesi, racconta sempre il rapporto di Global Data. Che però annuncia anche lo sviluppo di questa tecnologia e di questo mercato in Cina. I dati della Awea, la American Wind Energy Association, confermano: il 36% delle aziende del settore sono statunitensi e quasi un terzo sono nate dopo il 2009.

In Italia la situazione è pure in grande evoluzione, con una grande frammentazione dei produttori che spesso sono di dimensione quasi artigianale, come spiega l'ingegner Lorenzo Battisti, coordinatore del Parco eolico sperimentale dell'Università di Trento e docente alla stessa Università. Eppure, aggiunge, il minieolico potrebbe essere molto interessante anche per le industrie più grandi. Perché ha un ottimo potenziale di diffusione nel nostro Paese. E supera molti problemi legati alle grandi turbine, dalla rumorosità all'impatto sul territorio. Certo, è ancora più costoso rispetto, per esempio, al fotovoltaico, che ha visto scendere i costi in modo vertiginoso negli ultimi anni e che oggi per le soluzione "domestiche" è la strada più battuta.

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