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Questo articolo è stato pubblicato il 28 marzo 2012 alle ore 09:45.

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Gas non convenzionale, la Polonia parte nel 2014. Nella foto un operaio nell'mpianto di perforazione per l'estrazione dello "Shale gas" di Grabowiec (Reuters)Gas non convenzionale, la Polonia parte nel 2014. Nella foto un operaio nell'mpianto di perforazione per l'estrazione dello "Shale gas" di Grabowiec (Reuters)

Via alle estrazioni «a fine 2014, o al massimo all'inizio del 2015». Sarà la Polonia - annunciano i suoi strateghi energetici - ad andare in avanscoperta nello sfruttamento europeo dello "shale gas", ovvero il metano che si può estrarre dalle profondità con la tecnica della fessurazione chimico-fisica delle rocce. Quantità importanti in Europa, analoghe a quelle che stanno già trasformando gli Usa da paese importatore ad esportatore netto di gas. E spetta proprio alla Polonia la palma del paese potenzialmente più favorevole alle estrazioni, anche se le ultime prospezioni ufficiali ridimensionano le stime fornite fino a qualche settimana fa dalle società specializzate statunitensi: dagli oltre 5mila miliardi di metri cubi di gas di riserve indicate dalle proiezioni americane (che avrebbero rappresentato oltre un terzo dello shale gas attribuibile all'intera Ue) alla stima "ufficiale", assai più prudente, fornita nei giorni scorsi dal Governo di Varsavia: poco più di 750 miliardi di metri cubi, comunque certificati come effettivamente recuperabili, e suscettibili di incrementi anche a breve fino a 2mila miliardi di metri cubi come ha appena annunciato il viceministro polacco dell'Ambiente Piotr Wozniak.

Volumi comunque importanti. In grado, anche se le stime governative non fossero ritoccate al rialzo, di confermare la Polonia al terzo posto nelle riserve di gas (convenzionali e non convenzionali) del continente europeo, dopo la Norvegia e l'Olanda.
Via ai lavori, dunque. Con ottime prospettive di collaborazione per le aziende italiane, come ci spiega Mikolaj Dowgielewicz, segretario di Stato per gli Affari Europei e la Politica Economica, nei giorni scorsi in missione a Roma proprio per discutere delle misure per rafforzare il coordinamento delle politiche energetiche nella Ue. Il messaggio? Bando alle timidezze degli altri paesi comunitari sullo shale gas, prorompente negli Usa ma frenato in Europa dalle obiezioni ambientali sui presunti pericoli che deriverebbero dalle tecniche di fessurazione.
Alla sfida polacca è comunque presente la crema degli operatori mondiali: Chevron, ExxonMobil, Marathon Oil, Conoco Phillips, Talisman. Ma ci sono anche le italianissime Eni e Sorgenia. «Finora sono state rilasciate 111 licenze per l'esplorazione e per l'identificazione di idrocarburi da giacimenti non convenzionali. Sono stati realizzati 12 pozzi e su due di essi è stata eseguita una frattura orizzontale. Questo è solo l'inizio. Entro la fine di quest'anno dovrebbero essere realizzati almeno 50 pozzi e altrettanti nel 2013» fa sapere Dowgielewicz in vista del pieno via libera alle estrazioni a fine 2014. Che potrebbero - insiste – trainare ben altro nella Ue.

«Le riserve polacche – rimarca Dowgielewicz – costituiscono solo una parte delle riserve che potenzialmente possono essere situate nell'UE. Si stima che nell'area dell'UE possono esserci più di 15 mila miliardi di metri cubi di gas da giacimenti non convenzionali. E la conferma dell'esistenza di questi giacimenti avrebbe un enorme impatto sulla situazione energetica in Europa sia in termini economici che geostrategici».
«La rivoluzione nei paesi arabi del Nord Africa, la tragedia della centrale nucleare di Fukushima, nonché la minaccia di conflitto con l'Iran e il blocco dello stretto di Hormuz evidenziano una volta ancora l'enorme importanza che ha lo sviluppare le proprie risorse e il rendere l'UE meno dipendente dalle forniture extracomunitarie» rimarca il ministro. «Le nuove potenziali risorse di shale gas in Europa ci garantiranno – insiste - non solo la sicurezza delle forniture di fonti di energia, ma ci daranno elasticità e maggior libertà di azione nella formazione della nostra politica energetica esterna e, in misura più ampia, dell'indipendenza energetica, economica e politica dell'Unione».

Ed ecco, già delineato, il passo successivo: lo sviluppo delle infrastrutture necessarie a trasportare e scambiare le nuove e poderose quantità di gas. «La società a partecipazione statale Gaz-System sta già lavorando sul concetto di ampliamento della rete di trasmissione del gas nell'ottica della potenziale trasmissione di quantità aggiuntive di gas».
Gli altolà degli ambientalisti? «La discussione in corso si basa però solo in piccola parte su fatti verificati. Le informazioni che riceviamo dai rappresentanti di autorità americane e da riconosciuti centri scientifici di quel paese non confermano quelle argomentazioni. La tecnologia di estrazione dello shale gas non costituisce un pericolo. Pericoloso potrebbe essere non rispettare gli standard. Motivo per cui è estremamente importante il monitoraggio dei lavori eseguiti». In ogni caso «abbiamo fatto un monitoraggio ambientale complessivo di una delle nostre trivellazioni e del processo di fracturing. Il rapporto relativo a questo monitoraggio è stato reso pubblico dal Ministero dell'Ambiente. È un'esperienza preziosa, in quanto nostra, polacca ed europea. Non sono stati riscontrati fattori di rischio né per quanto riguarda le acque sotterranee né per quanto riguarda le emissioni non controllate di metano. Il fracturing non ha provocato effetti sismici. Guardiamo pertanto con ottimismo la futura estrazione e siamo pronti a intraprendere un dialogo con i gruppi ecologisti basato su ricerche scrupolose e empiriche».

Questo perché «i gruppi ecologisti che combattono l'estrazione dello shale gas non prendono in considerazione un fattore importante. Il gas è il combustibile fossile più pulito; possederne i giacimenti in Europa renderà molto più facile la realizzazione della politica climatica comunitaria e la limitazione delle emissioni dei gas serra. Lo sfruttamento delle nuove risorse di gas permetterà inoltre di attuare la politica climatica comunitaria senza indebolire la concorrenzialità dell'UE rispetto al resto del mondo».

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