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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2012 alle ore 09:44.

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Il Governo chiude il cerchio sulle rinnovabili ridisegnando il sistema degli incentivi nel segno di un efficientamento dei costi e di un allineamento ai livelli europei. Una filosofia che, nei due schemi di decreti attuativi varati ieri dal ministero dello Sviluppo, di concerto con Ambiente e Politiche agricole, si traduce in un incremento, a regime, di 3 miliardi di euro l'anno per gli aiuti destinati alle fonti verdi.

Dai 9 miliardi attuali si passerà dunque a 12 miliardi con un impegno complessivo, nei 15-20 anni di durata degli incentivi, di ulteriori 60 miliardi che vanno ad aggiungersi agli attuali 170 miliardi di euro di costo cumulativo delle rinnovabili da qui alla scadenza degli ultimi aiuti. Se il quadro delineato dal precedente esecutivo non fosse stato modificato, l'incremento sarebbe stato invece di 6 miliardi di euro.

Il contenimento, secondo la stima elaborata dai tecnici dello Sviluppo, sarà quindi del 35% per il fotovoltaico e del 10-15% per le altre rinnovabili (idroelettrico, geotermico, eolico, biomasse, biogas). «Se avessimo tagliato oltre quello che è stato fatto – ha spiegato ieri il ministro Corrado Passera – si sarebbe oggettivamente prodotto un netto svantaggio per l'economia». L'intervento di razionalizzazione, ha chiarito quindi il titolare dell'Ambiente, Corrado Clini, «non modifica solo la struttura dei costi ma cambia anche quella dell'offerta di elettricità privilegiando forme di generazione che puntano a un sistema distribuito». L'obiettivo dell'esecutivo, però, è anche un altro. «Vogliamo valorizzare – ha precisato Mario Catania, ministro dell'Agricoltura – la filiera economica italiana».

Efficientamento delle risorse, quindi, e superamento degli obiettivi Ue al 2020 (dal 26% al 32-35% del consumo nel settore elettrico). Senza gravare troppo sulla bolletta degli italiani. «L'effetto - ha assicurato Passera - sarà molto graduale». E, attraverso gli schemi di decreti attuativi – ora all'esame della Conferenza Stato-Regioni e dell'Autorità dell'energia (ci vorrà un mese, spiegano i tecnici del Mse, per chiudere) – si dovrebbe ottenere una riduzione di spesa di 3 miliardi di euro l'anno rispetto al costo inerziale derivante dal precedente regime.

Per il settore del non fotovoltaico, il quadro delineato ieri – che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2013 – fissa una crescita degli incentivi fino a 5,5 miliardi di euro l'anno (rispetto agli attuali 3,5 miliardi) e la successiva stabilizzazione entro il 2020. Sono poi previsti precisi meccanismi per contingentare la potenza annua installata: un sistema di aste competitive per gli impianti superiori ai 5MW (20MW per idro e geo), registri di prenotazione per gli impianti compresi tra 50-5mila kW e accesso libero alle tariffe incentivanti per quelli al di sotto.

Passando al fotovoltaico, nello schema del quinto conto energia - che entrerà in vigore al superamento della soglia di 6 miliardi di incentivi (previsto tra luglio e ottobre prossimi) - viene confermato il tetto dei 500 milioni di euro annui per i nuovi aiuti al settore. Una riduzione significativa rispetto al quarto conto energia, in vigore da appena un anno, che stabiliva fino alla fine del 2012 stanziamenti per 810 milioni di euro solo per i grandi impianti senza alcun limite di spesa complessiva per le installazioni di dimensioni medio-piccole. Per governare la potenza annua installata (2-3mila MW l'anno) e per dosare meglio le risorse, ci sarà un registro obbligatorio per gli impianti superiori ai 12 kW, mentre al di sotto di questa soglia gli impianti saranno liberi di accedere all'incentivo dopo l'entrata in esercizio (il quantitativo di risorse assegnato in questa categoria verrà detratto dal contingente a registro nell'anno successivo). Quanto ai criteri per accedere al registro, in pole position ci saranno gli impianti su edifici dotati del miglior attestato energetico. Subito dopo quelli ubicati in siti contaminati, in discariche esaurite e in aree di pertinenza. Terza posizione poi per i piccoli impianti di aziende agricole. E ancora, spazio a quelli realizzati dalle amministrazioni dei Comuni con meno di 5mila abitanti.

Imprese soddisfatte a metà. «Promuovo la filosofia generale dei due schemi di decreti ministeriali - ha spiegato Claudio Andrea Gemme, presidente di Confindustria Anie - perché si parla di un Piano energetico nazionale che, guardando agli obiettivi europei del 20-20-20, assegna al settore elettrico uno spazio importante». Sul fotovoltaico, però, il giudizio è negativo. «Mi sarebbe piaciuto un maggior approfondimento sugli incentivi che tenesse conto anche di come stati finora utilizzati e non mi convince l'eccessiva burocratizzazione fissata dall'iscrizione al registro per gli impianti sopra i 12 kW. Così si scoraggiano ulteriori investimenti».

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