Tecnologie EnergiaCon i gusci delle noci di cocco un'azienda cambogiana (a guida italiana) salva le foreste
L'italiano che salva le foreste della Cambogia con i gusci delle noci di cocco
di Gianluigi Torchiani | 29 maggio 2014
C'è un pizzico d'Italia e forse anche qualcosa di più in una soluzione che potrebbe dare un contributo importante alla perdita di biodiversità in Cambogia. Il Paese asiatico, uscito da decenni di sanguinarie guerre civili, è ultimamente alle prese con un grave problema ambientale: la scomparsa delle sue foreste, che stanno sparendo a un tasso dello 0,8% annuo. In buona parte la deforestazione è causata dai cambogiani stessi che, come capita in buona parte dei Paesi in via di sviluppo, sono costretti a utilizzare la legna per cucinare e riscaldarsi, con gravi conseguenze anche da un punto di vista dell'inquinamento atmosferico.
Ogni anno nella sola Pnom Penh, la capitale cambogiana, vengono utilizzate più di 100.000 tonnellate di carbone, provenienti soprattutto dalla deforestazione illegale. Un rimedio a questa perdita di biodiversità è stato sviluppato dalla cambogiana Sustainable Green Fuel Enterprise: in buona sostanza, la soluzione consiste nel trasformare i gusci di cocco e altri resti in vere e proprie carbonelle da impiegare per la cucina nelle case e nei ristoranti. In pratica un kg di carbonelle sostenibili può evitare il consumo di 6,6kg di legno proveniente da foreste, a un costo competitivo per la popolazione locale e con l'emissione di meno fumo. Questa soluzione, nei giorni scorsi, si è aggiudicata il prestigioso premio Ashden International Awards, un riconoscimento dedicato alle aziende capaci di promuovere la sostenibilità energetica.
Dietro questa storia di successo, come dicevamo, c'è anche un po' d'Italia. Alla guida dell'azienda c'è infatti l'italiano Carlo Figà Talamanca che, dopo aver conseguito una decina di anni fa una laurea in ingegneria gestionale all'Università di Tor Vergata, ha fatto diverse esperienze in giro per il mondo, sino ad approdare nel Paese asiatico. "In Cambogia avevo deciso di fermarmi per qualche tempo e avevo iniziato a fare volontariato in una scuola elementare come insegnante di inglese. Dopo qualche mese mi hanno offerto un posto di docente all'università e, infine, ho iniziato a lavorare come consulente per varie organizzazioni internazionali e ONG", spiega Figà Talamanca. Una di queste organizzazioni non governative era impegnata proprio nella fabbrica di carbonelle eco-sostenibili. L'iniziativa, però, era stata inizialmente un mezzo fallimento, tanto che la fabbrica era in perdita finanziaria costante e la stessa Ong era pronta a chiudere bottega. "Io invece mi ero "innamorato" del progetto, della missione ambientale e dell'impatto sociale, intravedendo anche una potenziale sostenibilità economica.
A quel punto mi sono offerto di rilevare la fabbrica e da gennaio 2012 mi sono ritrovato proprietario della Sustainable Green Fuel Enterprise", aggiunge il tecnico italiano. Il resto è storia recente: in soli due anni l'azienda ha decuplicato produzione e vendite, rendendo sostenibile il modello di business. Che, oltre, alla commercializzazione delle carbonelle si basa anche sulla vendita dei carbon credits (i certificati di riduzione delle emissioni di CO2), che vengono commercializzati dalla AzzeroCO2, una società italiana di Legambiente. Infine, è arrivata la soddisfazione dell'Ashden Award: "Vincendo abbiamo dimostrato che attraverso l'innovazione, con un lavoro coraggioso e dedicato, anche una piccola azienda privata come SGFE può fare una grande differenza. Non vogliamo fermarci adesso e non vediamo l'ora di investire i soldi del premio in crescita e in un ulteriore sviluppo del nostro processo di produzione efficiente e pulito" , conclude Figà Talamanca.