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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2012 alle ore 14:30.

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Lavoro a progetto (articolo 1, commi da 23 a 25). Interventi sulla disciplina del lavoro a progetto (articoli 61-69 del Dlgs 276/2003). Ecco quali: si consente che il contratto di lavoro a progetto sia riconducibile unicamente a progetti specifici (e non più anche a «programmi di lavoro o a fasi di questi ultimi», come ora previsto) e si esclude che il progetto possa consistere in una mera riproposizione dell'oggetto sociale del committente o nello svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi (questi ultimi possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale); si prevede tra gli elementi essenziali da indicare in forma scritta debba esservi anche «il risultato finale che si intende conseguire» attraverso il contratto di lavoro a progetto. Una modifica interviene sulla disciplina del corrispettivo, sostituendo l'articolo 63 del Dlgs 276/2003, che nella formulazione vigente, si limita a richiedere che «Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto. Si prevede che il corrispettivo non può essere inferiore ai minimi stabiliti per ciascun settore di attività, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell'attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto. È stata introdotta la facoltà per il committente di recedere prima della scadenza del termine qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto. I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, sono considerati rapporti di lavoro subordinato, sin dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui l'attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe rispetto a quella svolta dai lavoratori dipendenti (dell'impresa committente), fatte salve la prova contraria a carico del committente, nonché le prestazioni di elevata professionalità (le quali possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale). C'è una norma di interpretazione autentica dell'articolo 69, comma 1, del Dlgs 276/2003, per chiarire che tale disposizione si interpreta nel senso che l'individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La nuova disciplina si applica ai contratti di collaborazione stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della legge.

Lavoro a tempo parziale (articolo 1, comma 20). Si rafforzano, modificando i commi 7 e 9 dell'articolo 3 del Dlgs 61/2000, gli strumenti di tutela del lavoratore che abbia concordato con il datore di lavoro clausole flessibili o elastiche nell'ambito di un contratto di lavoro a tempo parziale (part time). In particolare: i contratti collettivi stabiliscono altresì condizioni e modalità che consentano al lavoratore di richiedere l'eliminazione o la modifica delle clausole flessibili ed elastiche; al lavoratore è riconosciuta la facoltà in determinati casi di revocare il consenso prestato all'inserimento di clausole flessibili o elastiche, ossia: convivenza con figli di età non superiore agli anni tredici, di presenza di patologie oncologiche, per i quali sussista una ridotta capacità lavorativa, o di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore, o di convivenza con familiari portatori di handicap; lavoratori studenti (iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali).

Lavoro intermittente o a chiamata (articolo 1, commi 21 e 22). Modifiche alla disciplina del lavoro intermittente (c.d. lavoro a chiamata o job on call), previsto dagli articoli 33-40 del Dlgs 276/2003. In particolare: modifica i limiti di età del lavoratore entro i quali il contratto di lavoro intermittente può sempre essere concluso (a prescindere, cioè, dal fatto che si tratti di ipotesi individuate dalla contrattazione collettiva); in particolare, il limite minimo viene abbassato da 25 anni a 24 anni (ma a condizione che le prestazioni vengano svolte entro il venticinquesimo anno di età), mentre il limite massimo viene innalzato da 45 anni a 55 anni; si introduce l'obbligo di comunicazione preventiva del datore di lavoro, con modalità semplificate, alla Direzione territoriale del lavoro competente, del ricorso a una prestazione lavorativa, di durata superiore a 30 giorni, sulla base di un contratto di lavoro intermittente. In caso di inadempimento di tale obbligo è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria; si sopprime l'articolo 37, che dispone che nel caso di lavoro intermittente per prestazioni da rendersi il fine settimana, nonché nei periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali l'indennità di disponibilità (di cui all'articolo 36) è corrisposta al prestatore di lavoro solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro. La disposizione prevede, poi, che ulteriori periodi predeterminati possono esser previsti dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale. Viene dettata anche una disciplina transitoria, prevedendo che i contratti di lavoro intermittente già sottoscritti alla data di entrata in vigore della legge, che non siano compatibili con le nuove norme, cessano di produrre effetti decorsi dodici mesi da tale data.

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