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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2012 alle ore 08:23.

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Londra – Le dita sulle labbra questa volta mimano un bacio che decolla verso il mondo dalla linea del traguardo. Usain Bolt entra così nella leggenda con un gesto e un'impresa. Ha schiantato tutti in una finale dei 200 metri che ha avuto meno storia di quella del 100 metri, un lampo prolungato capace di annichilire, nella galoppata, anche la partenza presunto punto debole di un campione che ha smentito tutti.

In curva era già solidamente al comando, il busto eretto, la testa alta per chiudere con un 19.32 che può deludere solo gli ingordi, chi avrebbe voluto vedere nella magica notte di Londra anche il record del mondo. Non c'è stato e chi se ne lagna dovrà accontentarsi di altri primati a cominciare dalla doppietta senza precedenti per un velocista nella storia dei Giochi, ovvero la vittoria nel 100 e 200 in due Olimpiadi di fila. Oppure potrà gioire di quel botto firmato Kingston.

Team Giamaica ha portato tre uomini sulla linea del traguardo, Usain ha trascinato l' amico Yohan Blake che ha spinto, idealmente, Warren Weir, tutti rigorosamente made nell'isola di Bob Marley. E ora toccherà alle staffette dove la storia potrà ripetersi, i primati moltiplicarsi, il mito esplodere nell'estasi dello sprint, schiena permettendo perché ieri sera dopo la gara Usain lo ha ammesso. "Sono orgoglioso di me stesso ho ottenuto quello che volevo. Pensavo di poter fare il nuovo primato, ma anche se sono stato veloce in gara, in curva non lo sono stato abbastanza per abbassare il tempo. E' stata una stagione tribolata e anche all'uscita dalla curva ho avvertito il dolore alla schiena".

Una fitta, un istante poi Usain ha dato il meglio con quelle dita portate alle labbra nell'istante in cui un atleta normale è al massimo della concentrazione, nel pieno dello sforzo, all'estremo della spinta. Non lui apparso abbastanza sicuro di vincere da concedersi appena passato l'arrivo un paio di flessioni sulle braccia , così per vedere l'effetto che fa e scaldare una platea che di tutto aveva bisogno eccetto di nuova adrenalina. Sul pubblico la gara di ieri ha avuto l'effetto di un amore che si perpetua e si riverbera. Un urlo durato 20 secondi ha accompagnato la corsa e quell' urlo, Londra lo ha ripetuto qualche istante dopo, quando Usain Bolt con un salto a piedi uniti è balzato sul podio più alto. Braccia al cielo e colori della Giamaica dovunque, poi le pose e le interviste. Se Londra voleva un posto nella storia, ieri lo ha avuto per merito di un atleta con i colori di un ‘ex colonia forse più che per aver saputo organizzare Giochi impeccabili o per aver messo 25 medaglie d'oro al collo del combattivo Team Gb.

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