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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2013 alle ore 14:57.
L'ultima modifica è del 15 novembre 2013 alle ore 15:28.

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Quando si parla di nuove tecnologie pulite, come al Cleantech Summit 2013, è bene capire in quale direzione si muoveranno, soprattutto cosa funzionerà sia dal punto di vista tecnico che da quello del mercato. C'è inoltre il problema degli investimenti: se si sviluppa una nuova tecnologia servono soldi per farla crescere e raggiungere la massa critica che le consenta di prendere il largo e generare utile.

La direzione verso la quale devono andare le tecnologie pulite è chiara secondo Guido Ghisolfi, vice presidente di Mossi Ghisolfi Group e CEO di Beta Renewables S.p.A. "si deve andare verso prodotti fungibili" dice "senza forzare il mercato a prodotti nuovi. Ci sono a disposizione prodotti puliti, indistinguibili dal fossile e meno cari, sono biochimica. Il futuro è passare da un'economia basata sul fossile a un'economia basata sulle biomasse".

Nel 2011 la Chemtex ha costruito in Italia a Crescentino il primo impianto di bioetanolo di seconda generazione al mondo "se mi comparo con la bionafta, che sta sui mille dollari a tonnellata di partenza, vedo che oggi la chimica fa prodotti assolutamente competitivi. I prodotti tradizionali che vanno dai 1500 ai 2500 dollari a tonnellata sono del tutto scalzabili da prodotti equivalenti, certo solo alcuni possono essere completamente sostituiti dal green ma un coefficiente di penetrazione dal 2% al 20% sul mercato è del tutto plausibile ed è considerevole. Dopo l'acqua i carburanti sono attualmente la commodity più usata, il mercato globale vale tre miliardi di tonnellate, 450 milioni l'europeo e 800 milioni quello americano. Anche solo arrivando al 6%-7% del mercato mondiale si tratta per i biocarburanti di passare dagli attuali 80 milioni a 250 milioni di tonnellate, con investimenti di circa 100 miliardi di euro e 50 mila nuovi posti di lavoro".

"L'Italia è messa male nell'incentivare e supportare l'innovazione" dice il professor Giorgio Einaudi, advisor del Ministero dell'Ambiente che ha una lunga esperienza scientifica negli Stati Uniti "ci sono molte idee e belle, ma è quanto mai necessario fare sistema Paese nel Cleantech. Gli incentivi alle rinnovabili ad esempio non sono un vero aiuto alla tecnologia, sono in realtà sostegni all'istallazione, che comunque in sé non è un fatto negativo, l'Italia è il Paese con la più grande percentuale di installato al mondo, tuttavia occorre dare visibilità all'Italia e alle imprese italiane che fanno innovazione nel cleantech. Non dimentichiamo che sei italiane sono tra le top venti in Europa in quest'evento, tuttavia va incentivato il venture capital, che da noi praticamente non esiste. Stiamo parlando dei fondi di investimento privati, non banche o fondazioni bancarie, che nel mondo fanno la parte del leone". In Italia manca quello che all'estero, soprattutto negli Stati Uniti avviene spesso, il fund matching che è una forma particolare di incentivo: dove il privato investe ad esempio un milione di euro in un'azienda cleantech, lo Stato ne investe un altro milione, o due o più, e questo crea le condizioni per far crescere le aziende, ma soprattutto più chance di profitto, di rientro e guadagno per tutti gli investitori, la tipica situazione win win. "In Italia siamo competitivi" conclude Einaudi "con le idee, i progetti, le start up, gli spin-off universitari, ma manca l'ecosistema. Tutte queste realtà vanno aiutate. Fare sistema è a costo zero".

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