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Questo articolo è stato pubblicato il 02 maggio 2011 alle ore 17:40.
Il solare costa, ma dà anche benefici. Se si fanno due conti approfonditi si scopre che gli incentivi alle rinnovabili non sono solo un onere per la collettività. Sulla scorta di precedenti simulazioni della società di consulenza Poyry, ci ha provato su dati empirici un ricercatore del Cnr, Francesco Meneguzzo (che lavora all'Ibimet, l'istituto di biometereologia di Firenze). Sta lavorando (con un economista, Giuseppe Artizzu) sull'effettiva dinamica dei mercati elettrici in presenza di fonti rinnovabili, come l'eolico o il solare. E su fenomeni ormai conosciuti e rilevati da anni in Germania e Spagna.
In breve si tratta di questo: quando si alza il sole (o il vento) nella rete elettrica affluisce energia, rendendo superfluo il funzionamento di impianti convenzionali relativamente meno efficienti, particolarmente in alcune aree d'Italia con vincoli di connessione (come la Sicilia). Impianti che entrerebbero altrimenti in produzione,esigendo e spuntando prezzi di "picco" più elevati, facendo lievitare in quelle ore "calde" i costi dell'energia per tutti gli utenti.
Il fotovoltaico agisce durante il giorno e ha la sua capacità massima nei mesi estivi. Proprio quando c'è il picco di domanda di energia elettrica (condizionatori). E la stima di Meneguzzo, elaborata sui dati del mercato elettrico italiano dal 1 marzo al 14 aprile scorsi indica un suo effetto calmierante (taglio dei picchi di prezzo) tra 20 e 34 milioni di euro, pari al 20-32% degli incentivi pagati nello stesso periodo per il fotovoltaico.
Siamo però solo agli inizi. Meneguzzo e Artizzu contano di prolungare e precisare l'analisi per tutta l'estate, il periodo in cui (anche nelle esperienze estere) la limatura sui picchi di prezzo sarà più sensibile. E forse, a conti fatti, il risparmio complessivo sulla bolletta potrebbe assestarsi di più sull'estremo superiore del 30%.
Ma non è tutto. Meneguzzo stima che quest'anno verranno erogati circa 3,7 miliardi di incentivi alle energie rinnovabili. Ma l'industria corrispondente, ormai nell'ordine di oltre un punto di Pil, ha fatturato l'anno scorso (secondo il Solar Energy Report del Politecnico di Milano) tra gli 8 e i 21 miliardi di euro per il solo fotovoltaico (25-40 miliardi di euro comprendendovi l'eolico e tutta la filiera industriale connessa alle rinnovabili, secondo le stime dello stesso Meneguzzo). Questo significa che l'industria sta generando almeno 2 miliardi di euro di entrate fiscali per lo stato. Oltre a 500 milioni dai gestori di impianti (e circa 200 di contributi ai Comuni). E del restante miliardo netto di costo degli incentivi circa metà verrebbe annullato dall'effetto di calmierante sui prezzi elettrici. Quindi solo 500 milioni netti realmente pagati dall'Italia (nel suo complesso) per le rinnovabili.
Ha senso quest'analisi? Sul piano generale sì (al di là delle cifre magari da precisare meglio, oggi variabili a causa del passato decreto salva-Alcoa), ma di sicuro ha meno senso sul piano di chi ci guadagna e chi paga. I benefici e i costi sono infatti asimmetrici.
Vediamo. Ci guadagna di sicuro lo Stato via maggiori entrate fiscali derivanti dalla crescita rapida di un industria avanzata. Ci guadagnano gli occupati (circa 30mila, stima l'Aper) e gli effetti moltiplicativi a valle. Ci guadagnano i Comuni. Ma gli incentivi li pagano sulla bolletta (componente A3) le famiglie e le piccole e medie imprese, salvo ovviamente riprendersi almeno in parte l'esborso grazie al contenimento della componente energia. «Pagano molto meno, e perfino ci guadagnano le medie e grandi imprese energivore – osserva Meneguzzo – che dal taglio dei picchi di prezzo elettrico ottengono benefici consistenti,a fronte di esoneri dal pagamento della componente A3». In qualche caso i grandi energivori persino finiscono per guadagnarci.
Pagano, infine, i generatori tradizionali di elettricità. In termini di tassi di utilizzo le centrali a gas che vengono spiazzate dalle fonti rinnovabili, e in termini di margini le centrali idroelettriche e a carbone, che non possono avvantaggiarsi dei costosi picchi di domanda, fonte per loro di consistenti guadagni aggiuntivi. Indirettamente sono affetti anche i grossisti di gas, che vedono ridursi la domanda termoelettrica. In aprile, secondo i dati Snam Rete Gas, questa è in discesa di circa il 9% rispetto all'anno scorso: tale calo è causato per circa la metà dal boom del fotovoltaico e da maggiore produzione eolica. Vista la perdita delle importazioni dalla Libia, forse non guasta.
I più penalizzati però, in questo gioco in parte virtuoso, appaiono le piccole imprese energivore (per esempio i distretti conciari) che debbono pagare la tariffa elettrica piena senza agevolazioni. Forse, per mantenere questo gioco degli incentivi, gli inattesi vantaggi della produzione elettrica rinnovabile andrebbero destinati anche a loro. Che sostengono gli incentivi, secondo uno studio della Fondazione Leoni, per ben il 32%, contro il 26% dalle famiglie. (G.Ca.)
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