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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2011 alle ore 16:39.

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A dispetto delle incertezze sugli incentivi, l'interesse per l'energia idroelettrica in Italia c'è. Lo conferma Flavio Sarasino, imprenditore torinese del settore del mini-idroelettrico e presidente della Federpern, piccola e combattiva associazione di aziende che producono elettricità con l'acqua: «Si cercano anche i più modesti dislivelli per realizzare una piccolissima centrale che sfrutti la corrente dell'acqua. Perfino i vecchi mulini. Ci sono 2.500 minicentrali gestite da un migliaio di società, per 4,2 miliardi di kWh prodotti, contro gli 800 milioni generati nel 1987. Ma il sistema normativo non aiuta il settore, fondamentale per ridurre le emissioni di anidride carbonica».

Secondo le stime di Gerardo Montanino, direttore della sezione operativa del Gestore dei servizi energetici (la spa pubblica che controlla gli incentivi e il mercato elettrico), dai 16.458 Megawatt d'idroelettrico "ecologico" odierni (che comprende solo la quota incentivata), fra nove anni si salirà a 17.800 MW. La capacità idroelettrica italiana economicamente sfruttabile è infatti di 53mila MW (su un totale di 292mila MW installati, comprese le centrali spente e quelle ormai abbandonate od obsolete), con altri 7mila MW di eolico e fotovoltaico.

«Per soddisfare il fabbisogno il parco idroelettrico è fondamentale ancora oggi», commenta Roberto Deambrogio, capo per l'Italia e l'Europa di Enel Green Power. L'industrializzazione italiana è nata con le dighe e con l'acqua (all'inizio del Novecento si parlava di "carbone bianco") e ha accompagnato il boom industriale degli anni 60 fino a quando, nel 1967, le centrali termoelettriche, con 48mila MW, hanno superato i 42mila MW delle centrali idriche. Quelle di allora sono centrali quasi tutte ancora in funzione, a cominciare dall'impianto Bertini, costruito da Edison nel 1895 a Paderno d'Adda per alimentare i tram di Milano. È un settore con professionalità antiche, come quella del guardadighe Valter Bianco, 50 anni, che lavora alla centrale Enel di Roccasparvera, in valle Stura (Cuneo). Vive con la famiglia in una casa a bordo della diga, in mezzo alla natura, e quando suo figlio era piccolo lo portava a scuola con gli sci. Ma è anche un lavoro da orsi solitari, fatto di «controlli periodici, quotidiani, settimanali e mensili – ricorda Bianco – come la registrazione della temperatura o la verifica della funzionalità delle paratoie, ma anche di attività come la pulizia dei sentieri o la verniciatura delle ringhiere».

L'Enel è la società più grande del settore e, con 21mila MW, vanta circa due terzi delle centrali italiane di questo tipo. Buona parte della capacità dell'Enel viene dall'eredità della nazionalizzazione del 1962-63, quando tutte le società elettriche dovettero cedere le centrali al neonato ente statale. Ma fortissime sono anche le altre società "storiche", come A2A (interessanti gli impianti in Valtellina), Iren (tramite l'Aem di Torino), o Edison (che ha sommato le centrali che la Falck usava per alimentare l'acciaieria di Sesto San Giovanni).

«Tutte le vallate sono sfruttate – aggiunge Deambrogio dell'Enel – e non è più possibile allagare fette d'Italia: ovunque ci sono abitazioni, strade, monumenti». A parte qualche vallata residuale, oggi si costruiscono solo microimpianti. «Si migliora l'efficienza delle centrali maggiori, per esempio con turbine di nuova generazione, ma la maggior parte dell'attività è nella ricerca di piccole risorse – conclude Deambrogio – come corsi d'acqua minori, piccoli dislivelli, vecchie centraline elettriche abbandonate da riattare».

L'incentivo è modesto perché è solamente sui miglioramenti e sui potenziamenti ma, anche se guadagnano solamente dalla vendita dell'elettricità,le centrali fanno gola. Le province spingono per prenderne possesso, come hanno fatto Bolzano, Trento e Aosta, ma come vuole fare anche Sondrio (la Lombardia è una regione a statuto ordinario). E c'è lite sulle concessioni: l'acqua è pubblica e il suo uso è consentito dallo stato, ma è stato allungato di 5 anni, dal 2029 al 2034, quello delle "grandi derivazioni" dell'Enel: le altre società elettriche si trovano invece con...l'acqua alla gola.

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