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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2011 alle ore 22:02.
Se fosse vero, sarebbe persino troppo bello: un generatore di energia che basta far scaldare per qualche ora e comincia a produrre kW da solo, senza fermarsi, senza consumare nulla o quasi, senza lasciare dietro di sé inquinamento o scorie.
Realizzando, forse, addirittura la mitica fusione fredda (o meglio tiepida): atomi di materiali diversi che si uniscono a formare un altro elemento chimico proprio come avviene nelle stelle, ma alla temperatura di un forno da cucina. Perché proprio questo è ciò che l'imprenditore Andrea Rossi ha mostrato ancora una volta agli occhi increduli o curiosi di un ristretto gruppo di invitati nella sede della sua azienda di Bologna. Il giornale svedese Ny Teknik ha ora pubblicato online il video dell'esperimento, ma anche le immagini non sembrano svelare molto del mistero che aleggia intorno a questa invenzione da qualche anno.
Una ventina tra scienziati e giornalisti hanno potuto vedere la scatola magica realizzata Rossi, grande poco più di una stampante casalinga, mettersi a scaldare acqua fino a trasformarla in vapore generando per tre ore una potenza valutata attorno ai 3 kW, ovvero quella di cui possiamo disporre in un appartamento. Insomma, questo Catalizzatore energetico, o E-cat, come è stato battezzato dai suoi creatori, riuscirebbe a far andare la nostra lavatrice e il nostro microonde nonché tutte le luci di casa nostra. Ma come? Grazie a quale processo? Questo è proprio ciò che ancora non si sa e che lascia assai perplessa la grande maggioranza degli scienziati. Rossi ha anche aperto la sua scatola e ha dato a tutti i suoi ospiti la possibilità di guardarci dentro. Ma evidentemente questo può scacciare qualche sospetto di trucchetti da circo, però non basta a capire che cosa sia successo in questo reattore.
L'esperimento, per come è stato raccontato da Ny Teknik (che da tempo segue l'avventura dell'E-cat) si è svolto così. Per quattro ore il sistema è stato alimentato attraverso corrente elettrica collegata a una resistenza che ha aumentato la temperatura. Come in un bollitore per l'acqua, insomma. Poi l'alimentazione è stata tolta perché, secondo le parole di Rossi riportate dal giornale, sarebbe stata raggiunta una "stabilità sufficiente". A quel punto il Catalizzatore energetico, evidentemente grazie alle sostanze che contiene, ha continuato a produrre calore, trasformando acqua in vapore. Questo calore è stato poi scambiato con un sistema indipendente, pure alimentato ad acqua. Proprio questo sistema di due circuiti indipendenti è la novità di questo test rispetto a quelli già effettuati.
C'è da dire che nel piccolo laboratorio attrezzato da Rossi c'erano anche alcuni scienziati. Per esempio Roland Pettersson, oggi in pensione, che era professore dell'Università di Uppsala, in Svezia. Pettersson è autore di ricerche sulla cosiddetta fusione fredda, che più tecnicamente viene definita Low Energy Nuclear Reaction (Lenr), per indicare che non c'è bisogno di arrivare alle energie e alle temperature delle stelle perché il processo funzioni. Con Pettersson aveva lavorato un altro fisico, il giapponese Hidetsugu Ikegami, dell'Università di Osaka. Con Rossi, invece, collabora Sergio Focardi, dell'Università di Bologna. Ma le persone che nel tempo si sono cimentate con la fusione fredda sono tante, a partire dall'annuncio più noto, quello fatto più di 25 anni fa da gli americani Martin Fleischmann e Stanley Pons, dell'Università di Salt Lake City, nello Utah, e ancora più indietro.
Da allora con il tentativo di ricavare energia pulita e a buon mercato in questo modo si sono cimentati in tanti, compresi i ricercatori dell'Enea in Italia, dove fu il Premio Nobel Carlo Rubbia, presidente dell'ente, a promuovere gli studi, poi conclusi senza approdare ad alcun risultato sicuro. D'altra parte, l'interesse è del tutto giustificato. La fusione nucleare, infatti, è un processo che produce enormi quantità di energia, come è facile capire pensando alle stelle, e che al contrario della fissione atomica, quella che spacca l'atomo, non produce scorie radioattive. La fusione "calda" ha bisogno di grandi quantità di energia per essere innescata e fino ad ora non è riuscita a dimostrare di poter restituire più kW di quelli assorbiti, anche se un consorzio internazionale sta realizzando il reattore Iter ) che dovrebbe finalmente farcela. La fusione fredda riuscirebbe addirittura a far partire il processo in modo più semplice e a bassa temperatura, come sta facendo Rossi, con apparecchi più piccoli e facilmente controllabili. Insomma, una soluzione fantastica per il problema energetico. Peccato che nessun laboratorio sia riuscito a ottenere la fusione fredda con esperimenti controllati e ripetibili. La maggior parte degli scienziati non nega che il fenomeno, almeno in teoria, esista. Solo che vorrebbe avere prove precise.
Anche l'E-cat in effetti, non è stato ancora sottoposto ad alcuna verifica sperimentale. Il professor Pettersson si è detto convinto che funzioni anche se ammette che ci vogliono altre misure. Per ora è tutto qui. E a complicare ancora di più le cose si aggiunge una continua ridda di voci su quando e come l'invenzione passerà a qualche azienda per la produzione su scala industriale e la commercializzazione. L'ultimo accordo, in ordine di tempo, sarebbe saltato con un'impresa americana quando era arrivato a pochi passi dalla firma per un impianto da 1Mw, realizzato mettendo insieme 52 E-cat che l'inventore aveva anche orgogliosamente mostrato alla stampa. Per Rossi queste continue complicazioni sono quasi un marchio di fabbrica, alle quali ha abituato i giornalisti fin dai tempi della sua prima avventura energetica, quella della Petroldragon, che alla fine degli anni Settanta avrebbe dovuto produrre petrolio dalla plastica e invece produsse solo grane giudiziarie per l'imprenditore. Ma Rossi non si scoraggia e ha detto a Ny Teknik che «entro pochi mesi il prodotto sarà sul mercato e il miglior test saranno i consumatori, che potranno riportarlo se non funziona».
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