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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2011 alle ore 06:36.

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di Jacopo Giliberto e Federico Rendina
Gli incentivi alle energie rinnovabili diventano ufficialmente mobili, flessibili, e quindi più equi e meno speculativi. Perché tengono conto dell'evoluzione tecnologica e dei progressi di efficienza degli apparati. Così promette il governo. Che ieri mattina ha varato i decreti legislativi che recepiscono l'ennesimo pacchetto di direttive comunitarie sull'energia che assegnano al nostro paese l'obiettivo minimo del 17% di fonti "verdi" al 2020.

Le associazioni si appellano a Napolitano: non firmi.

Ecco come funzionano gli incentivi alle energie rinnovabili nel resto del mondo (di Luca Vaglio)

Sugli incentivi alle rinnovabili promesse di equità ma rischio di un nuovo pasticcio all'italiana (analisi di Federico Rendina)

Sotto i riflettori, in particolare, il decreto che riforma gli aiuti alle energie verdi mediando almeno un po' rispetto alla linea del "taglione" annunciata dal ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, che aveva preannunciato un secco stop a tutti gli incentivi agli impianti oltre la soglia complessiva di 8mila megawatt. Soglia che, secondo alcune stime, il nostro paese starebbe per raggiungere a mesi (altre stime sono più pessimiste).

Apprezza, seppur con posizioni variegate, la Confindustria. Che esprime «viva soddisfazione per la posizione di equilibrio» raggiunta dal consiglio dei ministri dopo l'attento lavoro dei ministri Stefania Prestigiacomo e Paolo Romani. Giusto l'«approccio per razionalizzare il sistema di incentivazione, garantendo sia il contenimento dei costi al 2020 sia la certezza del quadro normativo, indispensabile per programmare gli investimenti» assicurando «le basi per uno sviluppo razionale della green economy italiana». E anche il "Tavolo della domanda" di Confindustria, che rappresenta i comparti energivori, apprezza la «strada improntata alla razionalità e all'efficienza – dice il presidente del "tavolo", Agostino Conte – evitando sovra-incentivazioni perniciose anche per lo stesso sviluppo del settore fonti rinnovabili».

Ma lo strascico delle polemiche continua. Perché il nuovo decreto istituzionalizza comunque il principio della soglia insuperabile. Rinviando peraltro la definizione della sua entità, ma anche di molti dei meccanismi di applicazione dei relativi incentivi, a una serie di decreti periodici di adeguamento. Il primo decreto attuativo (quello di partenza del nuovo sistema) dovrà arrivare entro fine aprile per valere dal prossimo giugno, mentre fino a maggio rimarrà in vigore il vecchio sistema.

Flessibilità e quindi equità perché «con la ridefinizione di parametri e quote, specie nel fotovoltaico» si assicurerà – rimarca il governo in una nota – «sostenibilità dei costi di incentivazione» scoraggiando «iniziative meramente speculative», garantendo così «una prospettiva di sviluppo di lungo periodo». «Nessun taglio, nessun tetto, nessuno stop allo sviluppo del settore» sostiene il ministro Romani ribadendo la sua ferma volontà di contrastare gli aggravi in bolletta.

Punti fermi? Alcuni ce ne sono. A partire gradualmente dal 2013, entro il 2017 tutte le nuove costruzioni, ma anche quelle oggetto di importanti ristrutturazioni, dovranno ricorrere almeno al 50% di energia verde per le necessità energetiche. Contemporaneamente verranno promossi ma anche delimitati i "campi solari" nei terreni agricoli: massimo 10% della superficie con tetto di 1 megawatt. Mediazione e non drastici aggravi anche per il meccanismo dei certificati verdi: quelli in eccesso, cioè non acquistati dal mercato, saranno rilevati dal Gse ma al 78% del loro valore.

Percorso coerente, insiste Romani. Che deve però fare i conti con le opposizioni politiche, gli ambientalisti e molte associazioni di categoria.

Le associazioni Aper, Assosolare, Asso Energie Future, Ises, Grid Parity Project e Anie Gifi «stanno valutando se nel testo non vi siano elementi di incostituzionalità». Il presidente della Confindustria Anie, Guidalberto Guidi, cui aderiscono i produttori di componentistica per il fotovoltaico, auspica che il decreto «non penalizzi gli investimenti già in corso». Temeva peggio Federico Vecchioni, presidente della Confagricoltura: a Tortona durante il convegno su Agroenergia promosso da Energetica ha espresso complimenti al ministro Giancarlo Galan perché il decreto garantisce sviluppo per il settore dell'agroenergia che (analisi Althesys) vale 20 miliardi di euro. Perplesso il deputato Pd Federico Testa: «Si può essere d'accordo sul ridurre gli incentivi, ma non cambiare di continuo le regole: significa non capire come funzionano i mercati e fare scappare gli investitori».

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