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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2013 alle ore 07:10.

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(Ansa)(Ansa)

Tutta la campagna del Pdl per ora è centrata su Berlusconi e solo su Berlusconi, come si è visto anche ieri sera nello "show" da Michele Santoro. Sulle liste Bersani e Monti sono a buon punto, mentre dal centrodestra tutto è silenzio. Nessuna novità per ora: la strategia resta quella di puntare sul vecchio leader.

Le liste del Partito Democratico, ha scritto il "Financial Times", rivelano «una sbandata a sinistra». Nelle stesse ore Stefano Fassina, il responsabile economico del Pd che rappresenta un po' il braccio sinistro di Bersani, o se si vuole il simmbolo della tendenza vetero-conservatrice (secondo l'immagine che ne dà Monti), rientrava da Londra. Fassina ha avuto una serie di incontri nella City e ne riferisce con un linguaggio misurato, pesando le parole: all'estero si chiede all'Italia «soprattutto stabilità» e si dà un giudizio molto positivo sul lavoro svolto dal premier "tecnico".
Queste due istantanee sembrano contraddittorie, ma forse non lo sono davvero. Diciamo che il Pd è sotto osservazione in Europa. Si attende di conoscere nel dettaglio le sue proposte, le ricette per «andare oltre Monti», secondo lo slogan bersaniano. Non c'è alcuna preclusione, ma esiste il timore che l'Italia di domani scivoli a sinistra, con il rischio di compromettere il bene prezioso della stabilità.

Bersani deve camminare su un sentiero stretto. Mantenere il profilo di partito che si apre alla società, come si usa dire. Alle donne, agli esponenti cattolici, ai difensori dei diritti civili, ai rappresentanti dell'"economia reale". In questo senso le liste del Pd sono piuttosto innovative, obbedendo al criterio di rappresentare l'intero spettro sociale. Il che naturalmente non mette il segretario al riparo dalle polemiche: c'è il caso del renziano Reggi, quello dei socialisti di Nencini. Ma nel complesso le liste di Bersani giustificano le ambizioni di un partito di sinistra moderata che ambisce a raggiungere (in coalizione) una cifra vicina al 40% e a governare con relativa tranquillità.
Tuttavia questa certezza a oggi è illusoria. A Palazzo Madama i sondaggi non sono incoraggianti per Bersani. E lo screzio con Monti, futuro plausibile alleato in nome della «credibilità europea», nasce proprio dalla contesa per la Lombardia, la più rilevante delle regioni-chiave. Anche il premier ex tecnico si affida ad alcune candidature significative. Del resto, l'operazione Monti nasce proprio con il richiamo a una sorta di lista «civica» che dovrebbe essere la calamità in grado di attirare - non sempre riuscendovi - vari segmenti sociali e professionali, uniti dietro la bandiera di un non-professionista della politica.

Si è detto che la coalizione centrista assomiglia sempre più a una sezione italiana dei Popolari europei, il che è coerente con la volontà montiana di recuperare i delusi da Berlusconi o coloro che sono sconcertati dalla deriva anti-europea dell'asse Pdl-Lega. Questo spiega perché Bersani e Monti sono già avanti nel lavoro delle candidature: hanno individuato i rispettivi bacini elettorali e hanno cominciato a confrontarsi.
Viceversa colpisce il silenzio dal terzo fronte, quello berlusconiano. Sembra poco credibile che l'esperto leader abbia sottovalutato l'importanza di avere in lista candidature adeguate all'Italia che si vuole rappresentare. Berlusconi è famoso per aver portato in Parlamento, in passato, i personaggi più discutibili. Difficile credere che voglia ripetere l'operazione oggi che non ha più il vento nelle vele. Ha l'occasione per caratterizzarsi in modo diverso, puntando sulla qualità delle persone: sarebbe un ritorno allo spirito del '94. Ne sarà capace, Berlusconi? Molti ne dubitano, ma lui ha la possibilità di smentire i suoi critici.

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