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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2013 alle ore 09:16.
L'immagine dei Blues Brothers con cui il sito del Pd descrive il comizio di Firenze e il previsto abbraccio fra Bersani e Renzi è divertente, ma questa idea "pop" della politica si attaglia poco al passaggio delicato che il centrosinistra sta vivendo. Diciamo che c'è una certa divergenza fra la realtà e le aspettative. In un certo senso, l'atmosfera orgogliosa e festosa del teatro-tenda sul Lungarno non ha cancellato questa impressione e anzi l'ha accentuata.
L'incontro fra i due rivali delle primarie era ormai scontato, dopo che il sindaco di Firenze ha scelto la via della lealtà, dando prova di intelligenza politica. Ogni altra strada l'avrebbe condotto verso qualche strana avventura. Così invece egli si candida a svolgere un ruolo nel Pd di domani. Quale, non si sa. Per ora il futuro di Renzi è scritto nella sabbia e non basta certo un comizio a due voci per comporre visioni politiche che restano dissimili. O per superare la diffidenza dell'apparato nei confronti dell'"usurpatore" ora ammansito, ma che fino a due mesi fa era dipinto come il cavallo di Troia di Berlusconi.
Si è detto che la prima verifica del rapporto fra i due sarebbe stata la questione Monte dei Paschi, dove Renzi durante le primarie aveva preso, alla luce del sisma successivo, una posizione lungimirante. In realtà è ovvio che a tre settimane dalle elezioni, e sullo sfondo della ritrovata intesa, non c'era da aspettarsi molto. Il tema rimane lì, avvolto nella nebbia. Renzi si è limitato a chiedere di rifondare nella nuova legislatura "il rapporto fra politica e finanza". Bersani non si è scostato dalla sua linea super-difensiva. L'idea di istituire una commissione d'inchiesta sulla pratica dei derivati equivale a parlar d'altro. Ovvero a indicare come responsabile del disastro l'avidità degli speculatori. La posizione di Renzi rimette al centro, sia pure in modo molto sfumato, il vecchio sistema di potere. Quella di Bersani non concede nulla ai critici, nella speranza che la tempesta passi senza altri danni.
Il senso della giornata fiorentina è forse tutto qui. Se si voleva la conferma che Renzi è un ottimo comunicatore, gli elettori del Pd, compresi quelli che non hanno votato per il sindaco, sono stati accontentati. Anche nel rispondere a Monti e alla sua perfida battuta sulle lontane radici comuniste dell'attuale Pd, Renzi dimostra di avere il dono di farsi ascoltare e ancor più di farsi capire. Tuttavia, che ieri a Firenze sia nato il tandem in grado di garantire al centrosinistra una tranquilla navigazione verso il 24 febbraio, resta tutto da verificare. Al contrario, la cornice dell'incontro non era troppo rassicurante, con quei sondaggi della Swg che indicano una forbice ristretta a cinque punti percentuali rispetto alle truppe di Berlusconi.
Il sorpasso resta un'eventualità remota e del tutto non plausibile. Ma che alla campagna del Pd serva una scossa, è del tutto evidente. E non sembra che essa sia venuta dallo "show" dei Blues Brothers. Sarebbe diverso se Bersani puntasse su Renzi per accendere la corsa elettorale del Pd da oggi al 24. Ma questo vorrebbe dire offrire un'indicazione precisa per il futuro. Il duopolio durante la campagna sarebbe l'anticipo di un passaggio di consegne una volta conseguita la vittoria. Se Bersani agisse così, darebbe prova di intuito. Altrimenti si resta a metà strada, come spesso capita al Pd.
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