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Questo articolo è stato pubblicato il 03 febbraio 2013 alle ore 14:09.
La rimonta di Berlusconi è l'incognita di questa campagna elettorale. Il ricordo corre naturalmente al 2006. Anche allora i sondaggi davano l'Unione di Prodi in vantaggio di molti punti sulla Casa delle libertà di Berlusconi. E poi a urne chiuse si scoprì che il Cavaliere aveva preso più voti di Prodi al Senato e aveva perso alla Camera per una inezia. È possibile che si possa ripetere un exploit del genere?
A distanza di tre settimane dal voto non è possibile rispondere con assoluta certezza a questa domanda. Si può solo far parlare i numeri per capire a quali condizioni la rimonta si potrebbe concretizzare. Naturalmente ci riferiamo alla Camera perché è qui che, con un voto più di Bersani, Berlusconi potrebbe ribaltare gli attuali pronostici e "vincere". Come si sa il Senato è una altra storia.
I primi dati da cui partire sono quelli delle intenzioni di voto alle due coalizioni che si contendono la vittoria. La media degli ultimi sondaggi dà Bersani al 35% e Berlusconi al 28%. Grillo e Monti sono molti punti indietro e comunque il loro peso non è determinante ai fini del nostro calcolo. Il secondo dato è quello della partecipazione al voto. Le percentuali indicate sopra risultano da un tasso di risposte degli intervistati mediamente intorno al 65 %. Nelle ultime settimane questo dato è cresciuto notevolmente in tutti i sondaggi. Vuol dire che la platea degli indecisi si sta progressivamente restringendo. Nelle politiche del 2008 ha votato l'80,5 % degli elettori. Il 19,5 % sono rimasti a casa e continueranno a farlo. Questo tasso di astensionismo non è recuperabile.
Passiamo dalle percentuali ai numeri reali. Gli elettori in Italia (escludiamo i residenti all'estero) che possono votare il 24 e 25 febbraio sono 47.154.000 (nel 2008 erano 47.041.000). Circa il 65% di loro risponde oggi alla domanda sul voto. Questo è lo scenario-base. Tradotto in numeri significa 30.650.000 elettori. Con una affluenza alle urne pari all'80% (come nel 2008) i votanti in questa consultazione sarebbero 37.723.000. La differenza tra queste due cifre, cioè tra gli elettori di oggi e quelli di domani, è 7.073.000, Questa è la stima della platea degli indecisi.
È certamente una stima per eccesso. Infatti sarebbe un vero miracolo se l'80% degli elettori andasse questa volta a votare.
Sulla base di questa stima il 35% assegnato dai sondaggi a Bersani corrisponde a 10.728.000 elettori; il 28% di Berlusconi a 8.582.000. Quindi tra i due schieramenti la differenza attuale è di 2.146.000 voti. Quanti dei 7.073.000 indecisi dovrebbe conquistare Berlusconi per colmare la distanza che lo separa da Bersani? Se nessuno votasse per il leader del Pd ne basterebbe il 30%; se invece il 20% di loro lo facesse, la percentuale necessaria per la rimonta salirebbe al 50%. E se il 25 febbraio, come è più probabile, la percentuale dei votanti non fosse l'80% ma il 75% o il 70%? Nel primo caso gli indecisi non sarebbero più 7.073.000 ma 4.715.000. Nel secondo caso sarebbero 2.358.000. Dato il divario attuale tra Bersani e Berlusconi, nel primo scenario il Cavaliere dovrebbe conquistarne il 46%, posto che nessuno di loro voti Bersani, e il 66% se il 20% di loro lo facesse. Nel secondo caso (70% di votanti) Berlusconi potrebbe superare Bersani solo conquistando il 91% dei consensi degli indecisi.
Quali conclusioni ipotetiche si possono trarre da questo ragionamento? L'affluenza alle urne è un elemento decisivo per capire chi vincerà. Più alta sarà, maggiori sono le possibilità di una rimonta di Berlusconi. Se andrà a votare solo il 70% degli elettori il Cavaliere non può vincere. Ma dei tre scenari il secondo (75% di votanti) è quello più realistico. Con 4.715.000 elettori ancora in ballo la partita non può definirsi chiusa. Si sa che gli indecisi sono per lo più elettori moderati. Ciò premesso, è comunque molto difficile che Berlusconi riesca a conquistarne tanti da ribaltare i pronostici. Intanto deve riuscire a convincerli a votare. Poi deve succedere che pochi votino Bersani. E qui Renzi potrebbe fare la differenza. Questa volta poi, a differenza del 2006, la sfida non è a due. Ci sono altre formazioni che competono con il Pdl per il voto degli indecisi. Per tante ragioni la sfida del 2013 è molto più ardua per il Cavaliere di quella del 2006.
Ma per completare il ragionamento non si possono trascurare altri due fattori. Primo: gli attuali sondaggi potrebbero non darci una fotografia del tutto corretta sulla distribuzione delle intenzioni di voto. Se la distanza tra le due coalizioni maggiori fosse oggi più piccola anche i nostri calcoli andrebbero rivisti. Secondo: tutto quello che abbiamo scritto si basa sulla assunzione che le scelte di voto fotografate dai sondaggi oggi non cambino domani.
Vale a dire che i 10.728.000 elettori che dicono oggi di votare la coalizione di Bersani lo facciano veramente. È molto probabile che sia così, ma non è certo. Così come non è certo che una parte degli attuali elettori di Monti e di Grillo non spostino il loro voto su Berlusconi. Il quadro è ancora molto fluido. Inoltre potrebbe esserci un fatto nuovo, la "sorpresa di febbraio", capace di provocare flussi dell'ultima ora. E anche in questo caso salterebbero le nostre stime. Tutto sommato, però, lo schema di un centrosinistra che vince alla Camera e rischia al Senato resta ancora valido. Eppure...
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