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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2013 alle ore 12:31.

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Beppe Grillo ha detto «no» a Sky. Silvio Berlusconi rifiuta il faccia a faccia anche con Mario Monti. Con il senno del poi, probabilmente anche Achille Occhetto 19 anni fa avrebbe trovato ottime ragioni per sottrarsi, il 23 marzo del 1994, al primo confronto televisivo che ebbe per protagonisti l'allora segretario del Pds e il Cavalliere, astro nascente della politica leader di Fi. Fu proprio quel confronto, a determinare il sorpasso di Berlusconi su un Pds che fino a qualche settimana prima veniva dato come probabile vincitore delle politiche post tangentopoli.

Il primo gran rifiuto nel 2001 a Rutelli
Adesso invece il Cavaliere dice «no» a Monti. Non è il primo gran rifiuto. Lo fece già alla vigilia delle elezioni del 2001. A chiederglielo ripetutamente allora fu Francesco Rutelli, l'ex sindaco di Roma candidato del centro sinistra. Si disse che Berlusconi temeva anche il confronto visivo, telegenico, con unavversario più giovane, più alto. Probabile che invece la spiegazione sia anche da ricercare nella certezza di non offrire al candidato del centrosinistra eventuali ganci per recuperare consensi. Perchè in un faccia a faccia non si sa mai quel che può avvenire e dunque chi è avanti, se può, si sottrae.

Prodi non si oppose
Nel 2006 invece Berlusconi fece di tutto per portare Romano Prodi al confronto. Il Professore non si sottrasse. Anzi, in quel caso i faccia a faccia furono due. Da premier uscente Il Cavaliere era consapevole che il suo governo, il primo durato un'intera legislatura, aveva deluso molti suoi elettori. Non a caso l'ultimo atto della sua maggioranza fu quello di modificare la legge elettorale maggioritaria per un ritorno a un propozionale corretto, il famigerato «Porcellum» ancora vigente. Il confronto con l'avversario era dunque determinante per tentare di risalire la china. Il 3 aprile il secondo match si chiuse con il primo piano del Cavaliere che, rivolgendosi direttamente ai telespettatori, prometteva: «Abolirò l'Ici sulla prima casa, avete capito bene...? L'Ici sulla prima casa!». Le elezioni le perse lo stesso ma di poco.

Il tentativo di Veltroni
La stessa mossa di Berlusconi la tentò due anni dopo Walter Veltroni. Il candidato del neonato Pd, nonostante le macerie del governo dell'Unione di Prodi, mostrava di recuperare consensi puntando, non più sulle alleanze, ma sul nuovo partito dei progressisti quale unica alternativa al centrodestra del Cavaliere. Berlusconi però non abboccò. Dopo un tira e molla, in cui venne strapazzata da una parte e dall'altra la par condicio con improvvisi forfait, alla fine il confronto non si fece e il Cavaliere tornò a Palazzo Chigi.

Oggi un confronto a due non basta più
Adesso ci risiamo. Ma a differenza del passato i competitor stavolta non sono più solo due. La decisione di Mario Monti di «salire» in politica e la sfida di Grillo hanno complicato non di poco la situazione e non certo solo quella televisiva. Monti, il più indietro di tutti secondo i sondaggi pubblicati, sta chiedendo ripetutamente il confronto a Berlusconi e Bersani. Il Cavaliere però non cede. Non vuole Monti ma solo il leader del Pdl. E la ragione è evidente. Il faccia a faccia con Bersani non serve a strappare elettori al Pd ma solo a confermare l'immagine di essere lui, il Cavaliere, l'unica alternativa alla sinistra. Monti invece rappresenta un intruso, un terzo incomodo pericoloso. Anzitutto perchè non può essere additato come un sovversivo ma anche perchè potrebbe incrinare il must della campagna elettorale di Berlusconi ovvero quel «si stava meglio quando si stava peggio». Il messaggio del Cavaliere è infatti che l'aumento delle tasse, della disoccupazione, e la diminuzione del Pil siano da imputare esclusivamente all'anno del governo Monti. Mettere in discussione questo assunto a pochi giorni dal voto potrebbe rivelarsi assai pericoloso. Meglio evitare e insistere sulla cancellazione dell'Imu o il Ponte sullo Stretto.

Anche Grillo si fa i suoi conti
Deve essere lo stesso ragionamento che ha fatto Grillo. Il comico fattosi politico ha rifiutato sempre qualunque confronto, non solo con i suoi avversari ma perfino con i giornalisti. Evidente l'obiettivo di non volersi vedere accomunato con quella che è stata ribattezzata la «vecchia classe politica», acconciato in qualche salotto Tv con tanto di poltroncina girevole. Ma perchè Grillo ha detto «no» a Sky? Il leader del Movimento 5 stelle sta cavalcando un'onda. Le immagini di piazza Castello a Torino gremita sono un spot più convincente di qualsiasi parola. Fanno il paio con la traversata dello Stretto che dette il via alla conquista siciliana. Grillo ora non può sbagliare. E l'intervista è la negazione dello show. Nonostante avesse ottenuto di farla nel suo camper, a Genova, ossia a casa sua, comunque si sarebbe sentito costretto a recitare su un canovaccio scritto da altri mentre lui è un vincente se battitore libero. Del resto non si è presentato per governare, non deve spiegare cosa fare con il fiscal compact o con la spesa sanitaria delle Regioni, o come recuperare le risorse per gli esodati piuttosto che per il reddito garantito, caposaldo del suo programma politico. E un giornalista che gli si presenta davanti, chiedendogli di parlare di coperture finanziarie o vincoli di bilancio, rischia di metterlo in difficoltà. Il Grillo che funziona, è quello che urla «mandiamoli a casa», «aboliamo il finanziamento pubblico», che dice «no alla tav» e contemporaneamente vuole licenziare i sindacati. Per questo non gli serve un interlocutore con cui confrontarsi ma un palcoscenico.

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