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Questo articolo è stato pubblicato il 19 febbraio 2013 alle ore 06:46.
L'ultima modifica è del 19 febbraio 2013 alle ore 07:21.

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È abbastanza impressionante la lunga deriva con cui si va concludendo una campagna elettorale che da giorni dimostra di non avere più nulla da dire (e già non era molto). L'assurdo divieto di rendere noti i sondaggi sta producendo il fiorire di voci e indiscrezioni messe in giro in modo disordinato e la cui diffusione è affidata a una sorta di passaparola mediatico: un po' come nel Medio Evo, a parte Internet.

Per cui gli italiani sono informati alla rinfusa che Beppe Grillo ha sfondato la barriera del 20 per cento, ovvero che Berlusconi ha annunciato (per la terza volta in pochi giorni) il sorpasso ai danni dell'esercito bersaniano, ovvero che la coalizione Pd-Sel è serenamente in testa e l'offensiva della destra sta naufragando nel grande mare del "grillismo".

A questo si aggiunge il tira-e-molla sui dibattiti televisivi. Viene da domandarsi: ma è normale che in un paese dell'occidente di antica civiltà si arrivi all'ultima settimana prima del voto senza aver chiarito quanti e quali confronti tra i candidati premier si svolgeranno? Con quali regole, tempi e argomenti? Tutto sembra affidato al caso, alle iniziative di questa o quella emittente televisiva e a una confusa trattativa che assomiglia molto al pasticcio nel quale naufragò alla fine dello scorso anno il tentativo di riformare la legge elettorale. Il metodo sicuro per non fare nulla.

Tutti usano la tv per mandare i loro messaggi, nessuno per avviare un confronto alla luce del sole con l'avversario o gli avversari. Può aver ragione Berlusconi a preferire un dibattito "uno contro uno": lui e Bersani, i capi dei due schieramenti più grossi, ma anche i più a rischio di erosione, oggi che le dinamiche elettorali sembrano sfuggire di mano. In Francia si regolano così: Hollande e Sarkozy hanno duellato fra loro, ignorando la Le Pen, da un lato, e il candidato dell'estrema sinistra, dall'altro. Ma la Francia ha pienamente accettato, e non da oggi, lo spirito del sistema maggioritario che tende a rendere bipolare il sistema. Del resto, molto si deve al doppio turno previsto dalla legge elettorale, che aiuta nella scelta e quindi incoraggia i dibattiti a due nell'ora del massimo ascolto.

Da noi, come è noto, tutto è più complicato dal modello elettorale pessimo, per cui i vari candidati premier (oltre a Monti, ci sono almeno Ingroia e Giannino, senza contare Grillo che in realtà è un capo senza candidatura) hanno tutti il diritto teorico di partecipare su un piede di parità. Il che è quanto mai complicato. La verità è che i vari soggetti politici non sono in grado di uscire dalla trappola che essi stessi hanno costruito non sapendo o non volendo modificare l'impianto elettorale. Eppure il problema è che con questo balletto del sì-no-forse si rischia di favorire ancora una volta l'esercito di Grillo. Il solo a sfruttare la tv a proprio vantaggio, sfuggendo sempre al contraddittorio, ma senza mai dare l'impressione di voler piegare a suo vantaggio la situazione (ciò che in realtà sa fare con abilità).

Comunque sia, a pochi giorni dalla fine della campagna quasi tutti sembrano stanchi e senza idee. Alla fine il miglior dibattito televisivo resterà l'incontro trasmesso a suo tempo da Sky con tutti i candidati alle primarie del Pd. Quel confronto risultò molto utile per i cittadini e diede un'immagine concreta, in fondo positiva, del partito bersaniano. Ma alle politiche, a quanto pare, è tutto più difficile.

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