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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2013 alle ore 07:55.

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Con i sondaggi chiusi in cassaforte da una singolare norma di legge, è ovvio che si rincorrano voci e indiscrezioni. Il fatto poi che queste indiscrezioni parlino di dati poco incoraggianti per la lista di Monti, produce tensioni a non finire a poche ore dalla chiusura della campagna.
Soprattutto quando a sussurrare certi dati, trasformandoli in "previsioni personali", è uno dei soggetti in campo, ossia Silvio Berlusconi. Ne deriva che l'irritazione di Monti ieri era duplice. Primo, per una strada che comunque è diventata in salita e impone la necessità di recuperare in fretta i consensi perduti, anche attraverso una massiccia presenza televisiva. Secondo, per la spregiudicata (ma prevedibile) aggressività di cui dà prova ogni giorno il principale competitore di "Scelta Civica", vale a dire Berlusconi. Nessuno peraltro è ingenuo in questa vicenda e Monti è il primo a sapere che l'operazione da lui tentata insieme a Casini e Fini (rendersi indispensabile e assumere la leadership dell'area moderata) è di quelle ad alto rischio.
Deve essere per questo che il premier in carica sente la pressione dei due grandi schieramenti, quelli che ancora pensano di vivere in un sistema bipolare e tentano di schiacciare l'intruso "centrista". Senza accorgersi, o accorgendosi troppo tardi, che alle loro spalle è cresciuta l'enorme minaccia di Grillo e del suo movimento.

Comunque sia, per allargare il suo spazio negli ultimi giorni, Monti sta mettendo in atto un'offensiva mediatica in piena regola, un fuoco di artiglieria che non risparmia nessuno. Il problema è che non tutti gli argomenti sono felici e quindi non tutti i colpi polemici vanno a bersaglio. Deve essere il segno di un nervosismo ben dissimulato, ma crescente, se ieri il professore della Bocconi ha detto almeno tre cose che potevano trovare migliore espressione da parte di un uomo che ha dimostrato di saper usare e calibrare le parole.
La prima e più insidiosa riguarda la posizione della Merkel. È ragionevole che la Cancelliera tedesca, massimo esponente del Partito popolare europeo, non gradisca vedere, dopo la Francia, la vittoria delle sinistre anche in Italia, specie nell'anno in cui la stessa Germania va alle urne. Tuttavia dirlo in modo così esplicito – sia pure correggendo in serata a "Otto e mezzo" – serve solo a provocare un'altrettanto ovvia smentita di Berlino. Ci sono cose che si fanno o si desiderano: ma non si dicono, nemmeno in tempi di globalizzazione. Ora, non è chiaro quale sia il vantaggio per Monti di aver fatto tali affermazioni a quattro giorni dal voto. Rastrellare i voti degli indecisi, s'intuisce. Tuttavia Angela Merkel non è il personaggio europeo più popolare in Italia. Presentarsi come l'interprete del suo pensiero in chiave anti-Pd, può essere utile per un verso, ma negativo per altri.

Secondo punto, aver sottolineato che «se Berlusconi prende ancora voti, il problema non è lui ma gli italiani che lo votano». Frase in sé corretta, ma a grave rischio di creare malintesi e animosità in un rilevante segmento di opinione.
Terzo, aver lanciato in un amen l'ipotesi di Emma Bonino al Quirinale. L'esponente radicale è persona di valore e non merita di essere sacrificata in una mera candidatura di "bandiera". Certo, è chiaro che Monti vuole giocare da protagonista la partita delle istituzioni (del resto, lui è senatore a vita) e ha voluto anticipare le mosse altrui. Ma la Bonino, spirito molto laico inviso a un certo mondo cattolico, è pur sempre una risorsa che non merita di essere "bruciata" anzitempo per ragioni di potere.

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