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Questo articolo è stato pubblicato il 22 febbraio 2013 alle ore 06:36.

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Il prossimo governo del Paese dipenderà dal voto del Senato. Questo è vero sia che alla Camera vinca Berlusconi sia che vinca Bersani, come sembra molto probabile viste le tendenze che avevamo sotto gli occhi fino a qualche giorno fa. In questo ramo del Parlamento può succedere di tutto. Nel 2006 la Casa delle Libertà di Berlusconi arrivò prima in 7 regioni su 17 e questo bastò per dare al Cavaliere 155 seggi contro i 154 dell'Unione di Prodi. Andò così perché la Cdl vinse in molte regioni "pesanti": Lombardia, Piemonte, Veneto, Lazio, Puglia e Sicilia (oltre a Friuli-Venezia Giulia).

Prodi si salvò grazie alla Campania dove arrivò primo con il 49,6% dei voti contro il 49,1% del centrodestra. Senza quello 0,5% di elettori campani la storia del Paese avrebbe preso una altra piega.
Nel 2013 se Berlusconi vincesse nelle stesse 7 regioni otterrebbe 124 seggi, vale a dire 31 in meno. E questo indipendentemente dalla sua percentuale di voti. Questo dato da solo ci dice quanto sia cambiata la situazione oggi rispetto al 2006. La differenza la fanno Grillo e Monti. Nel 2006 la competizione era bipolare, oggi invece è quadripolare. Sono quattro infatti le formazioni capaci di prendere più dell'8% dei voti al Senato e quindi di ottenere seggi. Questo vuol dire che chi perde il premio in una regione perde molti più seggi di quanto accadeva nel 2006 perché non incassa tutti quelli destinati ai perdenti ma li deve dividere con altri due pretendenti.

Quindi, per vincere oggi bisogna arrivare primi in molte più regioni. Anzi, bisogna vincere praticamente in tutte le regioni. Solo così si può ottenere una maggioranza consistente.
Ciò premesso, gli esiti possibili della lotteria del Senato sono tre. Il primo è che Bersani e Vendola ottengano la maggioranza assoluta dei seggi come fece Berlusconi nel 2008 quando riuscì a eleggere 174 senatori. È difficile che accada questa volta ma non impossibile. In ogni caso c'è maggioranza e maggioranza. Anche quella di Prodi lo era. Immaginiamo ora che il centrosinistra vinca in tutte le 17 regioni. In questo caso arriverebbe a 178 seggi. Un bel risultato. Però Lombardia, Veneto e Sicilia vengono considerate unanimemente regioni in bilico.

Basta che Bersani perda la Lombardia e scenderebbe a 162, solo 4 seggi sopra la soglia di maggioranza. Una perdita di 16 seggi in una regione sola sono tanti e illustrano bene il ragionamento fatto sopra. Perdere il premio in regioni pesanti, e la Lombardia è la più pesante di tutte, vuol dire passare dal paradiso all'inferno.
Ma la Lombardia da sola non basta. Infatti anche se il centrosinistra vincesse qui, ma Berlusconi prevalesse in Veneto e Grillo (o lo stesso Berlusconi) in Sicilia, la coalizione di centrosinistra si fermerebbe comunque a 159 seggi. Decisamente pochi per una navigazione tranquilla. Né a Bersani basterebbe vincere in Sicilia per avere una maggioranza assoluta, anche se risicata, se perdesse in Lombardia e Veneto. Insomma la possibilità che Bersani e Vendola riescano a fare maggioranza da soli esiste ma è fragile.

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