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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2013 alle ore 16:02.

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Nonostante la neve, la pioggia e il gelo, gli italiani stanno reggendo bene la sfida del governo. Gli scettici pensavano che il primo voto invernale nella storia della Repubblica avrebbe determinato una fuga dalle urne, incrementando il fenomeno della disaffezione dalla politica su cui sono stati sparsi fiumi d'inchiostro. Per ora non è così. Alle 19 di domenica c'era un calo, sì, rispetto al 2008, ma assai contenuto date le premesse: meno di 2,5 punti percentuali. In base alla proiezione subito fatta, lunedì alle 15, ora della chiusura dei seggi, l'affluenza sarebbe intorno al 76 per cento contro l'80 per cento del 2008 (territorio nazionale, senza le circoscrizioni estere).

Calo di affluenza contenuto
Cosa vuol dire tutto questo? Se il dato della proiezione fosse corretto (ma occorrerebbe che la dinamica del voto continuasse con lo stesso ritmo mostrato nella giornata di domenica, senza strappi in alto o in basso), vorrebbe dire che gli italiani non si sono tirati indietro e che il calo finale nell'affluenza è piuttosto contenuto. Chi ne trarrebbe vantaggio: Grillo o Berlusconi, come pensa qualcuno ricordando che cinque anni fa il centrodestra beneficiò di quell'ottanta per cento di elettori che si recarono alle urne? Non si può dirlo. Si può solo immaginare che gli italiani stiano prendendo molto sul serio questa tornata elettorale. C'è in ballo la stabilità del paese e sullo sfondo dell'intera Europa. E c'è in discussione la possibilità - forse l'ultima offerta dal destino - di avviare un rinnovamento del paese senza precipitare nell'avventura, senza salti nel buio.

Sciopero del voto sotto controllo
In ogni caso, se l'affluenza finale sarà fra del 75-76 per cento, insieme ai buoni dati che provengono dalle Regionali in Lombardia e Lazio (percentuali in aumento rispetto alla precedente tornata), vorrà dire qualcosa. E cioè che molti italiani indecisi hanno scelto nelle ultime ore la loro opzione. Fino alla vigilia si parlava di un 30 per cento di incerti, quindi di potenziali astenuti. A poche ore dall'apertura delle urne, circa il 5-6 per cento di astensionisti avrebbe fatto la sua scelta. Una quota che potrebbe "spalmarsi" in modo uniforme sugli equilibri già fotografati dai sondaggi, più o meno segreti, realizzati in extremis. Oppure potrebbe dirigersi verso una scelta meno ovvia di quella che premia i maggiori schieramenti, secondo le considerazioni di Ilvo Diamanti. In ogni caso un calo contenuto nell'affluenza, segnala che i partiti, compresi quelli tradizionali, sono riusciti a contenere la fuga, lo sciopero del voto. A meno che invece questo dato non contenga una verità esplosiva, cioè una radicale contestazione del sistema. Vedremo presto.

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