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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2013 alle ore 19:26.
«Basta balletti, il Pdl si riposi». Il Pd di Pier Luigi Bersani esclude governissimi con Silvio Berlusconi. E tenta la carta del governo di scopo o di minoranza aprendo al Movimento 5 Stelle e chiamandolo direttamente in Parlamento alle sue responsabilità. Un governo che faccia poche cose ma chiare: riforma elettorale e delle istituzioni, costi della politica, moralità pubblica e privata, difesa dei ceti più deboli e impegni per una nuova politica europea e del lavoro. Nel pacchetto anche il conflitto d'interessi, una seria legge antitrust, il taglio dei parlamentari, il taglio delle province e l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.
Governo della «non sfiducia»
«Io credo che l'Italia vada messa di fronte a dati di merito. Ciascuno si prenda sue responsabilità. Non so il Pdl. Non so il Movimento 5 Stelle. Fin qui Grillo ha detto "tutti a casa". Ora ci sono anche loro. O vanno a casa o dicano cosa vogliono fare», è il messaggio chiaro lanciato ai grillini dal segretario del Pd. O ci state o si va tutti a casa, e ognuno si prenderà le sue responsabilità di fronte al Paese. È l'ultimo appiglio di un partito che vuole disperatamente evitare una riedizione del governissimo con il "giaguaro", con Grillo e i suoi pronti a raccoglierne i succosi frutti fuori dal Palazzo. Tuttavia come si possa realmente concretizzare questo governo aperto al M5S è difficile dirlo. Nella mente di Bersani e dei dirigenti del Pd si tratterebbe di una sorta di governo della non sfiducia che in Senato (alla Camera, va ricordato, il Pd ha conquistato di un soffio la maggioranza di 340 seggi) dovrebbe concretizzarsi in un non voto dal momento che a Palazzo Madama l'astensione vale voto contrario. Un non voto grillino che poi si concretizza in voto positivo sui singoli provvedimenti. Un po' sul modello Sicilia, come ha evocato lo stesso Beppe Grillo: «Il modello Sicilia è meraviglioso», ha detto l'ex comico. I 15 deputati dell'Ars non fanno parte della maggioranza né del governo guidato da Rosario Crocetta ma hanno sostenuto provvedimenti di giunta e maggioranza come il Dpef.
Dimissioni del segretario problema non prioritario
Modello Sicilia. Questa l'ultima frontiera di Bersani e del suo Pd, oltre la quale c'è il sostanziale disastro politico. Le dichiarazioni di Grillo nelle ultime ore, che sembrano andare nella direzione del dialogo e dell'assunzione di responsabilità, fanno ben sperare. Un'ipotesi B non è - almeno per ora - contemplata. Quanto alle sue dimissioni, qua e là evocate nel partito, Bersani fa notare giustamente che non è questo il problema prioritario del Pd. Il segretario aveva già avvertito che al prossimo congresso sarebbe «girata la ruota». Il congresso è previsto in autunno ma la nuova situazione potrebbe farlo anticipare a prima dell'estate. «Io non sono uno che abbandona la nave, posso starci da capitano o da mozzo, ma io non abbandono la nave». Magari bastassero le dimissioni del segretario per uscire dall'impasse, si fa sfuggire un dirigente.
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