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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2013 alle ore 13:52.

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Dalle stelle, 5, alle stalle: Giovanni Favia, il golden boy, quello che si faceva fotografare, all'indomani della sua elezione (plebiscitaria) alla Regione Emilia Romagna con un paio di ragazze attorno che lo baciavano, quello che Grillo prima era un padre, poi un patrigno, quello che era. Quello che è.

La parabola discendente di questo trentaduenne bolognese è stata fulminea almeno quanto quella ascendente che nel 2009, ai tempi delle amministrative nel capoluogo emiliano, lo fece entrare in Comune. Lui, fino a poche ore prima uno dei tanti attivisti anonimi: cameraman, magazziniere, precario. Lui uno come tanti ma con un paio di qualità che per un paio d'anni ne hanno fatto l'uomo più in vista dei 5 Stelle, Grillo escluso e va da sé.

Chiusa la parentesi di pochi mesi in Comune (dopo lo scandalo che costò le dimissioni del sindaco Flavio Delbono e il primo commissariamento della storia del bastione rosso d'Emilia), Giovanni Favia ci riprova in Regione. Ce la fa, ancora una volta, entra e, assieme al suo compagno di banco Andrea Defranceschi, inizia a bacchettare tutti: Pd, Pdl, Lega, Sel. Di questo giovane uomo, ai politici attempati che se ne stanno seduti in consiglio, fanno paura la vivacità e lo stakanovismo: Favia è sempre l'ultimo ad uscire dal suo ufficio. È uno che ci mette la faccia, che è anche pulita e carina, e che anche in tv (quando il padre non ancora patrigno glielo concede) sa farsi valere. È ambizioso, Favia, ha tutte le carte in regola per provare il salto tra i grandi, per mettersi in marcia per Roma. C'è anche chi è già pronto a sostenerlo e, giusto un anno fa, organizza una giornata di dibattito intorno, anche, a questa proposta.

Lui è Valentino Tavolazzi, grillino della prima ora e primo espulso dal Movimento. La ragione è, tra l'altro, da ricercare in questa "sposorizzazione". La parabola di Favia inizia ad inclinarsi proprio qui, a questo punto. In molti iniziano ad accusarlo di essere interessato a una più comoda poltrona (quella da parlamentare). Lui non ci sta e rispedisce ogni accusa al mittente. Intanto iniziano i primi screzi con Grillo e Casaleggio: il culmine è il fuori onda a Piazza Pulita in cui, in sostanza, accusa Grillo di essere un fantoccio nelle mani di Casaleggio. Tre mesi dopo, il fantoccio padre padrone, lo sbatte fuori. Ma lui non ci sta: resta in Consiglio Regionale (ha garantito di dimettersi a maggio) e, un mesetto dopo l'espulsione, accetta la mano tesa da Antonio Ingroia e si candida, numero due, alla Camera per Rivoluzione Civile. Il risultato elettorale lo punisce: a Roma non arriverà. Per la cronaca a Roma, al Senato, c'è invece arrivata una donna che Favia ha avuto accanto ai tempi della campagna elettorale, una che lo rimproverò molto quando, appena eletto disse che a lui le attiviste stiravano le camicie. Lei è Elisa Bulgarelli. Anzi, la senatrice Elisa Bulgarelli: una che magari le camicie gliele avrà anche stirate, ma che alla fine gli ha fatto le scarpe.

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