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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2013 alle ore 11:00.
Ogni anno lo spreco domestico costa nel mondo 550 miliardi e ai soli italiani 8,7 miliardi. «Il doppio di quanto è costata l'abolizione dell'Imu», commenta Antonio Segrè, direttore del dipartimento di Scienze e tecnologie agroalimentari dell'Università di Bologna. Secondo dati Fao a livello mondiale si sprecano 1,3 milioni di tonnellate di alimenti, circa un terzo della produzione totale di cibo destinato al consumo umano. In Europa il dato si declina in 180 chili di cibo sprecato pro-capite (108 in Italia).
L'"impronta" sul suolo – calcolata in base agli ettari utilizzati per produrre questi alimenti – già nel 2007 arrivava alla stratosferica cifra di 140 miliardi di ettari, uno spazio più ampio dell'intero Canada. Cliccando su Internet "sprechi alimentari" si affonda in un mare di dati, statistiche, curiosità. Gettiamo 4 milioni di mele al giorno. Per produrre un pomodoro usiamo 13 litri d'acqua e per una bistecca ne servono almeno 7mila. Solo in Gran Bretagna, secondo i dati dell'associazione Love Food, si gettano ogni anno nel bidone della spazzatura 7,2 milioni di tonnellate di alimenti, 4,4 milioni dei quali, in realtà, ancora perfettamente commestibili: solo questi producono 17 milioni di tonnellate di CO2, lo stessa quantità emanata da un quinto della auto circolanti sulle strade britanniche. In Italia il controvalore di emissioni di CO2 degli sprechi accumulati dal campo alla tavola è pari a 4 milioni di tonnellate, un quarto dei tagli richiesti per rispettare l'accordo di Kyoto.
Si potrebbe continuare all'infinito. Aumenta, però, la consapevolezza delle persone; meno timidi gli interventi della politica. Il 2014 potrebbe essere l'anno europeo contro gli sprechi alimentari. Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione e un documento programmatico sul cibo sostenibile, che vincola gli Stati a dimezzare lo spreco commestibile entro il 2020. Anche l'Italia si è mossa. Il ministro dell'Ambiente, Andrea Orlando, ha appena nominato il professor Segrè al vertice del pool antispreco istituito dal dicastero: «Avrò il compito di coordinare il tavolo chiamato a elaborare le proposte operative che confluiranno nel Piano nazionale di prevenzione dei rifiuti – spiega –. Il problema dello spreco alimentare è strettamente legato al tema più globale della sostenibilità e impone un'azione ad ampio raggio: occorre lavorare sugli imballaggi, le etichette, la raccolta e il recupero dei rifiuti, ma soprattutto sensibilizzare i cittadini, cominciando dalla scuola». Segrè è anche il fondatore di Last Minute Market, lo spin-off dell'università di Bologna divenuto un'eccellenza europea nel recupero degli sprechi alimentari. Ed ha anche creato la Carta Spreco Zero, già firmata da più di 700 sindaci (tra cui Torino, Milano, Roma e Firenze) che si impegnano ad adottare procedure e azioni a favore di un consumo responsabile: dalla modifica dei capitolati per i servizi di ristorazione pubblica con l'inserimento di clausole che favoriscano le aziende impegnate nel recupero del cibo alla regolamentazione di vendite scontate per i prodotti vicini alla scadenza. «Bisogna lavorare sulle persone – continua Segrè – perché lo spreco domestico è dominante».
Compriamo troppo e male. Riempiamo il frigorifero e non siamo in grado nemmeno di conservare i cibi in maniera adeguata. Last Minute Market ha avviato un Osservatorio che ha individuato 9 "spreco-tipi". Si va dal «fanatico del cotto e mangiato» al «cuoco esagerato», passando per lo «sperimentatore deluso» e l'«accumulatore ossessionato» quello che, dice Segrè, «crede di vivere ancora in un'economia di guerra». Anche molte singole aziende si attivano contro gli sprechi. Barilla utilizza per il packaging cartoni più leggeri, che provengono da foreste certificate; nel pastificio i pochi scarti di produzione vengono utilizzati per produrre mangimi; i prodotti considerati "imperfetti" dalla Gdo o troppo vicini alla data di scadenza (quel che arriva sugli scaffali deve avere ancora due terzi di vita utile) vengono conferiti al Banco alimentare, oltre 1.500 tonnellate l'anno e i pasti non consumati nella mensa aziendale vengono distribuiti a mense di bisognosi. Non a caso, con il Barilla Center of food & nutrition, svolge attività di ricerca e divulgazione di elevato livello, che culmineranno nel Forum di Milano del 26-27 novembre.
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