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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2013 alle ore 11:04.
L'ultima modifica è del 08 novembre 2013 alle ore 19:10.
È solo questione di volontà politica: dopo secoli di danni all'ambiente e crescita irresponsabile, ora ci sarebbero tutte le condizioni per mettere il pianeta in sicurezza, costruendo sviluppo e rallentando i cambiamenti climatici in atto.
Le tecnologie green a basso costo sono ora disponibili e gli investimenti in efficienza energetica si ripagano rapidamente. Le industrie leader stanno eseguendo efficientamenti energetici e negli approvvigionamenti, proponendo prodotti più ecologici, vaccinando gratis su vasta scala i bambini nei Paesi in via di sviluppo, avviando una corretta filiera del riciclo. Molti Governi e l'Unione europea stanno incentivando energia pulita, ristrutturazioni ecologiche, bonifiche, infrastrutture verdi e smart city, mentre l'Onu ha dichiarato guerra agli sprechi idrici e alimentari e spinge sull'acquacoltura ittica per produrre più cibo.
L'elenco di buone pratiche avvistate potrebbe andare avanti. Sul Rapporto24 odierno del Sole 24 Ore ne segnaliamo diverse. Ma ora è tempo di mettere a regime questi sforzi e lavorare all'erede del concetto di sviluppo sostenibile nato 25 anni fa: la crescita verde inclusiva annuncia la World bank. Non a caso, l'istituto internazionale che concede credito ai Paesi in via di sviluppo ha chiamato il suo ultimo studio sulla sostenibilità "Inclusive green growth".
«A livello mondiale - dice Rachel Kyte, vicepresidente allo Sviluppo sostenibile della World bank - circa 1,3 miliardi di persone non hanno energia elettrica, 900 milioni di persone non hanno acqua pulita, 2,6 miliardi di persone non dispongono di servizi igienico-sanitari migliorati e circa 800 milioni di persone che vivono nelle campagne non hanno accesso a strade praticabili in tutte le condizioni atmosferiche e durante la stagione delle piogge rimangono tagliati fuori dal resto del mondo. Per garantire ai poveri del pianeta i servizi più elementari in termini di cure sanitarie, istruzione, energia, acqua potabile serve crescita economica. Ma questa crescita dovrà essere maggiormente ecosostenibile se vogliamo evitare danni irreversibili per l'ambiente, e dovrà essere inclusiva. Politiche ambientali sbagliate possono danneggiare i poveri».
Ma come si avvia una crescita verde inclusiva? «Le aziende - dice - stanno investendo sempre di più in tecnologie e prodotti verdi. Per esempio, gli investimenti nell'energia pulita sono saliti da 80 a 160 miliardi di dollari annui tra il 2004 e il 2011: e questo durante la peggiore crisi economica dal 1945. Ma i passi avanti non sono limitati al settore energetico: i produttori di automobili propongono modelli sempre più efficienti, e la domanda sta crescendo; il numero di auto ibride immatricolate nel mondo è salito da 500mila 1,2 milioni tra il 2007 e il 2012. E la tendenza non riguarda soltanto i Paesi avanzati: le economie emergenti partecipano sempre di più al commercio di prodotti ecologici. Le imprese stanno traendo profitto da questa transizione verso beni e servizi più «verdi», e il risultato è che sviluppano nuove tecnologie ecologiche e riducono il costo di quelle esistenti. Naturalmente il settore privato continuerà a investire in questi ambiti solo se il quadro di riferimento sarà adeguato: se continuerà a esserci una distorsione dei prezzi in favore delle tecnologie inquinanti, non possiamo aspettarci che le aziende continuino a investire nel business dell'ecologia. Per esempio, se i combustibili fossili continueranno a essere sovvenzionati o tassati meno di altri prodotti, gli investimenti in energie rinnovabili segneranno il passo. Sono indispensabili politiche intelligenti per sostenere le imprese verdi. La buona notizia è che è possibile mettere in modo un circolo virtuoso: politiche intelligenti che facciano germogliare tecnologie «verdi» innovative, che a loro volta renderanno meno costoso proteggere l'ambiente e di conseguenza più facile mettere in pratica politiche ecologiche».
Non si tratta solo di teoria. «La World bank - dice la vicepresidente - è impegnata a supportare i Governi nella progettazione e implementazione di politiche ambientali: oggi collaboriamo con 89 Paesi sul tema dei cambiamenti climatici. Cito solo un esempio, per dare un'idea del nostro lavoro: grazie a un progetto della Banca mondiale è stato distribuito 1 milione di pannelli solari a famiglie povere del Bangladesh, garantendo loro una preziosissima energia rinnovabile e creando nuove opportunità di crescita e prosperità. Quanto ai Paesi, un dibattito su quanta crescita economica sia auspicabile deve riguardare quindi innanzitutto i Paesi sviluppati: penso tuttavia che sia urgente riconsiderare il concetto di prodotto interno lordo. Di fronte a un mondo che deve fare i conti con le pressioni sempre più forti esercitate dall'aumento della popolazione e dai cambiamenti climatici, la valorizzazione del capitale naturale – l'acqua, i terreni, l'aria pulita, i servizi ecosistemici – deve giocare un ruolo centrale nei sistemi di calcolo della ricchezza di un Paese. Come altre forme di capitale, anche il capitale naturale necessita di investimenti, manutenzione e buona gestione, se si vuole che sia produttivo e contribuisca appieno a una crescita verde e inclusiva».
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