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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2013 alle ore 11:03.

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Edo RonchiEdo Ronchi

Case, uffici e capannoni più efficienti dal punto di vista energetico grazie a incentivi strutturali. Politiche sulla mobilità sostenibile urbana più coraggiose, favorite da un nuovo fondo nazionale ad hoc. Tariffe puntuali che premino il conferimento differenziato dei rifiuti e incentivi al riciclo più che al recupero energetico. È il tris d'assi che il Paese deve giocarsi per aprire la strada a un nuovo "green new deal". A portarli sul tavolo nazionale come priorità da affrontare per la svolta ecologica dell'Italia sono gli Stati generali della green economy, rappresentati da Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, e da altri responsabili dei gruppi di lavoro, che domani a Rimini – assieme al ministro dell'Ambiente Andrea Orlando - si riuniranno all'interno della fiera Ecomondo.

Sono 79 le proposte contenute nella roadmap per il green new deal all'italiana approvate dal Consiglio nazionale della green economy – realtà dentro cui lavorano 66 organizzazioni di imprese – frutto di un lungo lavoro di confronto e studio di 360 esperti del settore, suddivisi in dieci gruppi di ricerca, che alla fine del processo hanno selezionato la top ten dei progetti più urgenti da mettere in pista (analizzata in anteprima dal Sole 24 Ore). A partire dagli investimenti per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, per la ricerca, per le reti, dalla semplificazione burocratica, dal superamento del sistema degli incentivi e dal potenziamento della filiera delle biomasse.
Il ritardo peraltro oggi non è sulla produzione di rinnovabili, dove l'Italia ha già superato gli obiettivi europei del pacchetto clima-energia con sette anni di anticipo (il 20% di energia da fonti rinnovabili entro il 2020), grazie sicuramente anche ai (costosi) incentivi a carico della collettività, bensì sul raggiungimento degli altri due traguardi della strategia 20-20-20 (-20% di gas serra e -20% di consumo energetico). «Il primo passo da compiere – sottolinea Ronchi – è disegnare un quadro chiaro di lungo termine per l'efficienza e il risparmio energetico, penso a un Piano nazionale con misure integrate e strutturali». Una cornice complessiva di lungo termine in cui inserire manovre come l'innalzamento permanente al 65% per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, la valorizzazione dei certificati bianchi e dei patti dei sindaci, l'introduzione di standard tecnologici.

Seconda carta che i ministeri dell'Ambiente e dello Sviluppo economico dovranno giocare per accelerare il percorso virtuoso della sostenibilità è quella dei rifiuti. «L'idea di tornare a una service tax come la Tares che include anche i servizi è sbagliata - non usa giri di parole Ronchi – servono invece tariffe puntuali per premiare chi differenzia di più. Così come va assicurato l'effettivo riciclo rispetto al recupero energetico e al conferimento in discarica».
Per il terzo asset, la mobilità sostenibile,il Consiglio nazionale della green economy torna a riproporre l'istituzione di un Fondo nazionale specifico per finanziare nuove reti e il traffico urbano a basso impatto ambientale, in risposta ai crescenti tagli di risorse di cui soffre il trasporto pubblico locale. Un fondo da alimentare con una tassazione calibrata sulle emissioni inquinanti dei veicoli e sull'effettiva congestione delle reti autostradali (direttiva Ue Eurovignette III), con una compartecipazione alle accise sui carburanti e una parallela riduzione delle facilitazioni per autotrasporto e aviazione civile.

«L'Italia ha fatto grandi passi avanti negli ultimi anni – sottolinea Ronchi – nei comportamenti e negli orientamenti dei consumatori c'è maggiore attenzione, il potenziale dei prodotti green è riconosciuto dai mercati e comincia a esserci un gruppo consistente di imprese verdi, spinte anche dalla necessità di trovare alternative innovative per uscire dalla crisi, che esprime grande capacità creativa e innovativa. È l'effettiva capacità di investimento nelle tecnologie sostenibili che manca». E manca per la macchinosità delle procedure amministrative, l'inefficienza del sistema-Paese nel sostenere R&S e ammodernamento, per la scarsa dotazione di strumenti finanziari. «Il crowdfunding e i performance bond – nota Ronchi – potrebbero offrire valide alternative per far partire importanti investimenti, ma faticano a prendere piede in Italia: su questo aspetto il ritardo rispetto a Paesi come Germania o Gran Bretagna è notevole. Così come un green new deal per l'Italia impone un forte coinvolgimento degli enti locali su nodi quali la rigenerazione urbana e la limitazione del consumo del suolo».

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