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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2013 alle ore 11:01.

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Edf Fenice efficenterà le fabbriche autovaz in RussiaEdf Fenice efficenterà le fabbriche autovaz in Russia

L'Europa riconosce un significativo potenziale di risparmio dei consumi energetici al 2020 (nell'ordine del 25-30 per cento dei consumi finali).
A questi risparmi si assocerebbero indiscussi benefici in termini di competitività economica (con riduzione della fattura energetica per i Paesi dell' Ue a 27 membri per 200 miliardi di euro e creazione di 2 milioni di nuovi posti di lavoro), di sicurezza degli approvvigionamenti (grazie alla riduzione della dipendenza dall'estero) e di sostenibilità ambientale. Tuttavia la riduzione del 20 per cento dei consumi energetici finali dell'Ue a 27 Paesi, previsto dal Pacchetto Clima-Energia, altrimenti noto come 20-20-20, appare lontano.

Le stime recentemente presentate in sede Ue proiettano al 2020 una riduzione solamente del 10 per cento. L'Italia risulta meglio posizionata rispetto ad altri Paesi europei con analogo livello di sviluppo e industrializzazione. Resta comunque un elevato potenziale di risparmio energetico non sfruttato.
Un'indagine condotta recentemente dal Politecnico di Milano su oltre 250 imprese, associazioni di settore e istituzioni, intesa a stimare da qui al 2020 il tasso di penetrazione delle tecnologie per l'efficienza energetica ha evidenziato che i risparmi si potrebbero attestare tra i 17 e i 25 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (oggi il consumo in Italia è pari a circa 130 e quello tendenziale al 2020 è pari a 167), con riduzione delle emissioni di CO2 tra 49 e 71 milioni di tonnellate, e generazione di un volume d'affari complessivo che si potrebbe attestare tra 40 e 60 miliardi di euro all'anno, da qui al 2020. L'analisi delle tecnologie per l'efficienza energetica mostra come si sia già, in un significativo numero di casi, in condizioni di sostenibilità economica dell'investimento. In altre parole, la riduzione dei consumi di energia nel tempo ripaga l'investimento effettuato talora anche in assenza di incentivi. Ne sono esempi: le pompe di calore (in alcuni ambiti applicativi), le caldaie a condensazione, i sistemi di cogenerazione, i sistemi per l'illuminazione, i motori elettrici efficienti.

Tuttavia, la diffusione delle soluzioni efficienti appare ancora molto limitata e comunque frenata da barriere di varia natura: l'assenza di una consapevolezza (sia nell'ambito dell'industria che delle famiglie) del potenziale di riduzione di consumi e quindi di costi; l'entità dell'investimento iniziale, amplificata dalle difficoltà di accesso al credito; l'invasività dell'intervento; la non immediatezza dei ritorni sugli investimenti; la difficoltà di accesso agli strumenti incentivanti e la talora scarsa aderenza di alcuni di essi alle reali esigenze del mercato. Un esempio di quanto si potrebbe ottenere. Le attività commerciali pesano per il 30 per cento sui consumi termici ed elettrici del terziario, quindi il 5 per cento dei consumi del Paese.
Nel Rapporto sull'Efficienza energetica dell'Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano che sarà presentato il prossimo 4 dicembre, emerge come un operatore della Gdo (con punti vendita sopra i 2.500 metri quadrati) presenti consumi elettrici fra 400 e 800 kWh e termici fra 50 e 200 kWh per ogni metro quadro di superficie espositiva. In particolare i consumi elettrici sono ascrivibili a impianti di refrigerazione (50-55%), condizionamento estivo (15%-25%), illuminazione (10%-20%), forza motrice (10%-15%).

I consumi termici sono determinati da riscaldamento degli ambienti e dalla produzione di acqua calda sanitaria. Un intervento di efficientamento ottimale dal punto di vista energetico ed economico potrebbe prevedere l'impiego delle seguenti tecnologie: sistemi di illuminazione con lampade al sodio, motori elettrici ad alta efficienza, sistemi di building automation (sistemi di controllo degli impianti), pompa di calore. L'adozione congiunta di queste tecnologie porterebbe a un risparmio di energia del 15 per cento con un investimento che mostra, anche in assenza di incentivi, un tempo di rientro pari a sei anni. Se tutti i punti vendita della grande distribuzione che ne sono sprovvisti adottassero questa soluzione verrebbe risparmiato un equivalente di energia pari al consumo annuo di 300mila famiglie.

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