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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2013 alle ore 16:31.

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La World bank crede nel futuro dello sviluppo sostenibile: il concetto di Crescita verde inclusiva. Ne definisce i contorni la vicepresidente allo sviluppo sostenibile, Rachel Kyte.

Secondo lei, il contesto imprenditoriale (aziende eccetera) dei Paesi economicamente avanzati sta facendo passi avanti verso il concetto di crescita verde inclusiva? La consapevolezza è in aumento? C'è qualche best practice di cui è a conoscenza in Italia?
Le aziende stanno investendo sempre di più in tecnologie e prodotti verdi. Per esempio, gli investimenti nell'energia pulita sono saliti da 80 a 160 miliardi di dollari annui tra il 2004 e il 2011: e questo durante la peggiore crisi economica dal 1945. Ma i passi avanti non sono limitati al settore energetico: i produttori di automobili propongono modelli sempre più efficienti, e la domanda sta crescendo; il numero di auto ibride immatricolate nel mondo è salito da 500mila a 1,2 milioni tra il 2007 e il 2012. E la tendenza non riguarda soltanto i Paesi avanzati: le economie emergenti partecipano sempre di più al commercio di prodotti ecologici. Le imprese stanno traendo profitto da questa transizione verso beni e servizi più «verdi», e il risultato è che sviluppano nuove tecnologie ecologiche e riducono il costo di quelle esistenti. Naturalmente il settore privato continuerà a investire in questi ambiti solo se il quadro di riferimento sarà adeguato: se continuerà a esserci una distorsione dei prezzi in favore delle tecnologie inquinanti, non possiamo aspettarci che le aziende continuino a investire nel business dell'ecologia. Per esempio, se i combustibili fossili continueranno a essere sovvenzionati o tassati meno di altri prodotti, gli investimenti in energie rinnovabili segneranno il passo. Sono indispensabili politiche intelligenti per sostenere le imprese verdi. La buona notizia è che è possibile mettere in modo un circolo virtuoso: politiche intelligenti che facciano germogliare tecnologie «verdi» innovative, che a loro volta renderanno meno costoso proteggere l'ambiente e di conseguenza più facile mettere in pratica politiche ecologiche.

In Italia si discute se la «decrescita felice» sia qualcosa di auspicabile, un'evoluzione inevitabile o un male. A suo parere una decrescita (del tenore di vita, dei guadagni, del Pil) può essere felice? La crescita verde inclusiva, con uno spostamento dei consumi e degli investimenti verso prodotti e processi più verdi, sarebbe più auspicabile: è d'accordo?
Qui alla Banca mondiale lavoriamo soprattutto con i Paesi in via di sviluppo. A livello mondiale, circa 1,3 miliardi di persone non hanno energia elettrica, 900 milioni di persone non hanno acqua pulita, 2,6 miliardi di persone non dispongono di servizi igienico-sanitari migliorati e circa 800 milioni di persone che vivono nelle campagne non hanno accesso a strade praticabili in tutte le condizioni atmosferiche e durante la stagione delle piogge rimangono tagliati fuori dal resto del mondo. Per garantire ai poveri del pianeta i servizi più elementari in termini di cure sanitarie, istruzione, energia, acqua potabile eccetera, serve crescita economica. Ma questa crescita dovrà essere maggiormente ecosostenibile se vogliamo evitare danni irreversibili per l'ambiente, e dovrà essere inclusiva. Politiche ambientali sbagliate possono danneggiare i poveri. Torniamo all'esempio dei sussidi per i combustibili fossili: mediamente, almeno il 40 per cento dei sussidi per l'energia va a beneficio del 20 per cento più ricco della popolazione. Ciononostante, tagliare i sussidi può rendere più costoso per i poveri cucinare o prendere un autobus per andare al lavoro. Se invece una politica è fatta nel modo giusto, per esempio usando i soldi destinati a sovvenzionare l'energia per investimenti mirati alla riduzione della povertà, allora può produrre effetti positivi sia per l'ambiente che per la lotta alla povertà. Noi siamo convinti che sia necessario e possibile disegnare le politiche per l'ambiente in modo tale da creare sinergie con le politiche contro la povertà. Un dibattito su quanta crescita economica sia auspicabile deve riguardare quindi innanzitutto i Paesi sviluppati: penso tuttavia che sia urgente riconsiderare il concetto di prodotto interno lordo. Di fronte a un mondo che deve fare i conti con le pressioni sempre più forti esercitate dall'aumento della popolazione e dai cambiamenti climatici, la valorizzazione del capitale naturale – l'acqua, i terreni, l'aria pulita, i servizi ecosistemici – deve giocare un ruolo centrale nei sistemi di calcolo della ricchezza di un Paese. Come altre forme di capitale, anche il capitale naturale necessita di investimenti, manutenzione e buona gestione, se si vuole che sia produttivo e contribuisca appieno a una crescita verde e inclusiva.

Quali saranno le prossime azioni e iniziative della Banca mondiale per continuare a lavorare sulla crescita verde inclusiva? Un nuovo rapporto, conferenze, raccomandazioni ai Governi?
Stiamo lavorando a tutti gli aspetti della crescita verde inclusiva. Produciamo regolarmente nuove analisi sui rischi ambientali e raccomandazioni sulle politiche per l'ambiente. Il recentissimo 2014 World development report è incentrato sull'importanza di una buona gestione del rischio per uno sviluppo più solido e prospero, e fornisce precise raccomandazioni riguardo alle istituzioni necessarie per gestire grandi rischi di portata mondiale, come i cambiamenti climatici. Oltre a questo siamo impegnati a supportare i Governi nella progettazione e implementazione di politiche ambientali: oggi collaboriamo con 89 Paesi sul tema dei cambiamenti climatici. Cito solo un esempio, per dare un'idea del nostro lavoro: grazie a un progetto della Banca mondiale è stato distribuito 1 milione di pannelli solari a famiglie povere del Bangladesh, garantendo loro una preziosissima energia rinnovabile e creando nuove opportunità di crescita e prosperità.

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