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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2010 alle ore 10:50.
Nella miniera economica del Sudafrica non ci sono solo oro e diamanti. Nuove opportunità di business si apriranno nei prossimi mesi per chi opera nel settore delle energie rinnovabili con all'implementazione di un piano di incentivi fortemente voluto dal Governo sudafricano.
Per fare fronte a una domanda di energia che supera l'offerta e che è soddisfatta oggi per oltre il 90% dal carbone, dal 2003 il Governo del Paese ha iniziato a strutturare un programma Refit (renewable energy feed in tariff) in grado di attrarre nella punta meridionale dell'Africa investitori da tutto il mondo.
Il Sudafrica è l'economia più sviluppata del Continente e questa condizione si riflette nella domanda di energia, dove i 40mila megawatt installati (un volume che non regge il confronto con i 600 della vicina Namibia) non sono più sufficienti a sostenere la crescita del mercato.
Le stime parlano di altri 50mila megawatt da installare entro il 2018 per soddisfare la domanda di energia, e introdurre fonti rinnovabili è fondamentale per garantire la sostenibilità della produzione. Allo stesso tempo, l'energia prodotta in Sudafrica potrà sempre più facilmente essere esportata nei paesi vicini grazie al cavo di interconnessione Caprivi, un collegamento ad alta tensione inaugurato pochi giorni fa tra Namibia, Zambia, Botswana e Zimbabwe.
«L'interesse delle società italiane è soprattutto nel settore fotovoltaico, e in parte nell'eolico», commenta Scott Brodsky, avvocato sudafricano dello studio Dewey & LeBoeuf, che ha spiegato a un gruppo di circa 60 investitori italiani le opportunità e le criticità che presenta il mercato del suo Paese di origine.
In attesa che il piano governativo debutti ufficialmente (la data prevista è il mese di novembre ma ci potrebbero essere ritardi), Dewey & LeBoeuf sta seguendo alcune società italiane e diverse europee nella conduzione di studi di fattibilità.
«A differenza del Conto Energia già sperimentato in Italia, il piano sudafricano assegna gli incentivi a seconda di criteri predefiniti e questo crea una competizione diretta tra i progetti presentati. Per questo motivo saranno avvantaggiate le società che hanno già investito nel Paese acquisendo delle opzioni sui terreni dove saranno costruiti i parchi eolici o fotovoltaici», spiega il professionista.
Per il momento in Sudafrica non sono presenti operatori italiani nel settore rinnovabili, ma la rappresentanza tricolore è garantita da società che operano in ambiti affini, tra cui Almec, società specializzata nella produzione di metalli e componenti industriali.
Il governo sudafricano ha invece annunciato l'intenzione di realizzare nel Nord-Ovest del Paese l'impianto solare più grande del mondo con 5mila megawatt di potenza e un costo complessivo di circa 16 miliardi di euro.
Anche se è ancora nelle fasi preliminari, il progetto ha già catturato l'interesse di oltre 400 rappresentanti di industrie legate all'energia solare che sono volati nella città di Upington, dove dovrebbe essere realizzato il parco, per informarsi sui dettagli. Secondo alcune indiscrezioni una società europea sarebbe interessata a investire un miliardo di euro.
In attesa dell'inizio dei lavori, previsto nel 2012, la compagnia elettrica statale Eskom ha utilizzato un prestito della Banca Mondiale per sviluppare un impianto a concentrazione di 100 megawatt che dovrebbe essere inglobato in futuro nel parco fotovoltaico.
«Le società internazionali interessate al mercato hanno iniziato a fare studi di fattibilità per lo sviluppo degli impianti e chi sarà in grado di dimostrare di potere rendere operativo un impianto in tempi brevi e di aumentarne la capacità sarà favorito nell'assegnazione degli incentivi», riprende Brodsky.
«Allo stesso tempo molti clienti che si sono rivolti a noi per discutere le opportunità di investimento non vogliono mettere mano al portafogli prima che il piano di incentivi sia già operativo», continua il sudafricano.
«Nonostante il principio del "first country served" del sistema incentivante che valorizza i primi impianti in grado di produrre, chi preferisce aspettare non perde in modo definitivo questa opportunità di investimento. Il nostro consiglio per chi entrerà in un secondo momento è di "agganciarsi" con una joint venture a player già stabili», precisa l'avvocato.
Anche perché il mercato sudafricano presenta alcune peculiarità che possono risultare nuove per gli operatori europei.
«Oltre a un contesto normativo differente e caratterizzato da una burocrazia particolarmente complessa, in Sudafrica è necessario tenere conto del programma di "black economic empowerement" a cui anche le aziende straniere devono partecipare», conlude Brodsky.
In altre parole, avrà vita più facile chi sarà in grado di garantire lavoro e posizioni dirigenziali alla comunità di colore e in particolare alle donne.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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