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Questo articolo è stato pubblicato il 20 dicembre 2010 alle ore 16:03.

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Piccola oasi nella crisiPiccola oasi nella crisi

Dieci su dieci. Nella top ten 2010 degli operatori italiani nel campo del fotovoltaico, stilata dalla società di consulenza strategica A.T. Kearney, tutte le aziende hanno sede dal Lazio in su. Segno che il Centro-Nord Italia dà un contributo fondamentale alla green economy nazionale non solo dal punto di vista dei megawatt installati, ma anche per la ricchezza generata e per i posti di lavoro salvati dalla crisi.

Le dieci imprese hanno infatti registrato quasi 800 milioni di euro in ricavi, pari al 35% dei 2,35 miliardi del mercato fotovoltaico in Italia. E dal punto di vista occupazionale, se le stime del Gse parlano di 250mila posti di lavoro green in Italia entro il 2020, è probabile che la grande maggioranza di questi sarà concentrata proprio nelle regioni del Centro Nord.
«Anche scendendo più in basso nella classifica – commenta Marco Andreassi, partner A.T. Kearney – praticamente tutte le aziende attive nel settore del fotovoltaico hanno sede nel Centro-Nord. Il settore delle energie rinnovabili si sta dimostrando una vera e propria eccezione alla crisi. Così, molti operatori e molti singoli professionisti si stanno riconvertendo per occuparsi di impianti fotovoltaici». Secondo Andreassi, un fattore positivo per lo sviluppo del mercato italiano è legato proprio alla presenza di operatori lungo tutta la filiera del fotovoltaico: «L'industria è ancora giovane, e non è emerso un modello di business vincente rispetto agli altri. Così, nel Centro-Nord Italia abbiamo sia operatori focalizzati sia gruppi integrati, entrambi dotati di un notevole dinamismo».
Secondo Valerio Natalizia, presidente di Anie/Gifi (il Gruppo imprese fotovoltaiche italiane), «la forte concentrazione di imprese nel Centro-Nord del paese è strettamente collegata alla struttura economica del paese, sia per la presenza di un ricco tessuto di medie e piccole imprese che, attraverso la riconversione al fotovoltaico, ha portato alla creazione di una filiera locale, sia per l'economia dei singoli e delle famiglie, che offre maggiori opportunità agli installatori di piccoli impianti».

Marco Pigni, direttore generale Aper, afferma: «Il Centro-Nord è avvantaggiato nella corsa alle rinnovabili, perché molte aziende sono di fatto già inserite negli anelli più a monte della catena del valore, anche guardando ai rapporti con la Germania. Le regioni, però, si devono assumere la responsabilità del conseguimento degli obiettivi del 2020. Altrimenti si rischia un'anarchia di riflusso che non fa bene al settore».
Ma la green economy del Centro-Nord non è fatta solo della facciata anonima dei grandi gruppi industriali. Dietro a questi, ci sono esempi di donne imprenditrici che hanno guidato l'avanguardia delle rinnovabili in Italia. Uno dei casi più evidenti è quello di Catia Bastioli, Ceo di Novamont e presidente del Kyoto Club, secondo la quale oggi «le donne sono chiamate a una grandissima responsabilità. La crisi economica, amplificata dall'irresponsabilità della finanza "alterata", chiama il genere a uno scatto di innovazione in nome di valori etici che nel corso degli ultimi decenni si sono affermati in diverse esperienze che hanno avuto come protagonista il mondo femminile».
E la possibilità di riscatto viene in primo luogo dall'impegno sul fronte delle energie rinnovabili. Secondo Bastioli, proprio le donne «portano energie nuove e ancora poco sfruttate a tutti i livelli, compreso il mondo dell'imprenditoria». Il consiglio della manager alle giovani imprenditrici del mondo green è di affidarsi a «modelli di innovazione che si basino sulla formazione di uomini, la gestione di progetti di ricerca complessi, lo sviluppo di partnership, l'attiva partecipazione alla definizione di standard di qualità, la gestione strategica della proprietà intellettuale, l'attività culturale, le filiere integrate, i casi studio». Un vero e proprio «laboratorio a tutto campo» in cui la stessa Bastioli ha avuto modo «di crescere e di vedere crescere le persone intorno a me e che ha permesso di creare una esperienza unica a servizio di chi voglia partecipare a questo esperimento di economia di sistema».

Di piglio deciso anche Sonia Bonfiglioli, amministratore delegato e presidente della Bonfiglioli, società attiva già dal 1975 nell'eolico e specializzata oggi anche nella produzione di soluzioni per impianti solari e biomasse. «Non credo che le difficoltà nell'industria green italiana siano maggiori per un'imprenditrice donna piuttosto che per un uomo», dichiara. E il famoso "soffitto di cristallo"? C'è, ma secondo Bonfiglioli può essere abbattuto solo con l'impegno concreto delle dirette interessate, a partire dalla formazione: «Io ho programmato i miei studi per lavorare nell'azienda di mio padre. Mi sono laureata in ingegneria meccanica e frequentato un master. Molte donne scelgono materie umanistiche, ed è giusto che lo facciano se significa che possono perseguire i loro sogni. Ma per lavorare in un'azienda attiva nelle energie rinnovabili, servono competenze tecniche di ingegneria perché si parla di watt, di potenza. E la percentuale di studenti femminili nelle facoltà tecniche è ancora bassa: poi non ci si può lamentare che ci siano poche donne nella green economy italiana», conclude Bonfiglioli.

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