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Questo articolo è stato pubblicato il 02 marzo 2011 alle ore 08:10.
Il caso Libia e i prezzi del petrolio rafforzano la ricerca di alternative energetiche non legate ai giacimenti di greggio. E l'Europa – avverte Günther Öttinger, commissario europeo per l'energia – starà molto attenta che i paesi dell'Unione raggiungano l'obiettivo del 20% di fonti rinnovabili di energia in nove anni, senza concessioni a chi arriva in ritardo. Sarà importante, aggiunge Öttinger, rendere più uniformi i sistemi nazionali di sostegno all'energia pulita. Sulla soluzione nucleare su cui sta forzando l'Italia, invece, la Commissione europea non interviene sulle scelte dei singoli paesi.
Öttinger, che cosa pensa della crisi libica?
La Libia è un partner molto importante dell'Europa e noi stiamo cercando di capire come evitare una guerra civile, come fare crescere la pace e la libertà per i cittadini e come aiutare un governo dopo Gheddafi, con una democrazia fatta di trasparenza, libertà ed elezioni libere nei prossimi mesi.
Parliamo di energia libica vero l'Europa.
L'energia, petrolio e metano, rappresentano circa la metà dell'intero Pil della Libia, e l'Europa è il maggiore partner del paese, poiché rappresenta il 40% del prodotto interno libico. Meno sensibili gli effetti per noi europei. Le importazioni dalla Libia sono circa il 3% del nostro europeo del gas e il 10% del petrolio ma – basta spostare la prospettiva – lo zero per paesi europei come i baltici o l'Inghilterra. Invece per paesi come Italia, Francia o Spagna la Libia è un fornitore energetico di peso. Abbiamo bisogno di politiche europee che comprendano anche i bisogni del mercato italiano.
Ci saranno conseguenze per noi consumatori europei?
È importante che i consumatori non vengano messi sotto pressione dai prezzi. Le compagnie petrolifere hanno tutti gli strumenti per evitare al mercato la mancanza di prodotti energetici e per assicurarsi le forniture: ci sono strumenti come gli stoccaggi, come la solidarietà, come la flessibilità di produzione da paesi come l'Arabia o la Russia. Penso che potremo assicurare i consumatori che non c'è pericolo sulla sicurezza degli approvvigionamenti. E i prezzi del petrolio, dopo la salita, si stabilizzeranno.
Quali alternative ha l'Italia?
È chiaro che il mix energetico espone l'Italia a una maggiore sensibilità. Il sistema normativo europeo dice che entro il 2020 dovremo avere almeno il 20% di energia da fonti rinnovabili. Ciò significa che dovrà venire da fonti pulite, non petrolifere, più del 30% dell'elettricità prodotta e il 10% dei carburanti per i trasporti.
In Italia è forte il dibattito sulle energie rinnovabili. Quale la posizione della Commissione di Bruxelles?
Tocca ai governi e ai parlamenti, ai singoli stati, stabilire come arrivare in nove anni a questa quota di fonti rinnovabili. Non è compito di Bruxelles dire come arrivare al risultato, ma la Commissione deve controllare anno per anno come ciascun paese si avvicinerà e raggiungerà l'obiettivo europeo. Abbiamo molti strumenti per sostenere le fonti rinnovabili. Su questi strumenti di sostegno ci sono dibattiti in corso per esempio in Germania, Spagna, Inghilterra e Italia. L'importante è coordinare gli schemi di sostegno.
Anche la tecnologia atomica non è legata al petrolio.
Il nucleare è una decisione dei singoli governi degli stati membri. Se avere o no centrali nucleari. Se investire o no su nuovi impianti. Nell'Unione europea ci sono 14 paesi membri che fanno ricorso alla tecnologia atomica. E ce ne sono 13 che non ne fanno ricorso. Di questi tredici, due hanno in corso un dibattito sull'opportunità di dotarsi di energia nucleare, e questi paesi sono Italia e Polonia. Noi siamo i responsabili della sicurezza e salute, security e safety. Lo dice anche il trattato Euratom: ogni paese può scegliere o no questa tecnologia ma, se viene adottata, sta a noi, al sistema europeo, verificarne la correttezza della gestione.
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