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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2013 alle ore 15:00.
L'ultima modifica è del 25 gennaio 2013 alle ore 13:25.
Partire dal lavoro per uscire dalla crisi, con un piano che nei prossimi 3-5 anni si articola in cinque grandi aree di intervento – la messa in sicurezza del territorio, la tutela dei beni culturali, la riforma della Pa, l'economia della conoscenza, le reti infrastrutturali – per aprire una nuova stagione di crescita. La proposta presentata da Susanna Camusso, alla conferenza di programma della Cgil, si richiama al piano del lavoro del 1949 di Giuseppe Di Vittorio, rilanciando «l'intervento pubblico come motore del progetto di cambiamento», con l'ambizione di mobilitare risorse per 50 miliardi medi in un triennio, nella convinzione che si possano recuperare anche più fondi attraverso la lotta all'evasione fiscale (40 miliardi), la riduzione dei costi della politica e degli sprechi di spesa pubblica (20 miliardi), il riordino delle agevolazioni per le imprese (10 miliardi).
L'attivazione del Piano del Lavoro, secondo la Cgil, potrebbe generare una crescita del Pil del +3,1% nel triennio e del +2,9% di incremento dell'occupazione, riportando il tasso di disoccupazione nel 2015 al livello pre-crisi. La leader della Cgil immagina un nuovo ruolo per la Cassa depositi e prestiti, come «in Francia e Germania che fanno delle loro casse un grande volano degli investimenti e degli indirizzi di politica industriale e delle reti», la Cdp dovrà «allargare le proprie potenzialità per metterle a servizio di scelte politica industriale».
Il fisco è la priorità
La prima grande necessità per Camusso è «l'equità fiscale», serve «una seria progressività della tassazione e una tassa sulle grandi ricchezze, sui patrimoni e sulle rendite finanziarie e immobiliari». Un ampio intervento di messa in sicurezza del Paese che si articola in bonifiche, manutenzione e valorizzazione, ricostruzione di scuole e centri urbani, «porterà alla creazione di occupazione stabile e qualificata», favorita anche da incentivi alle assunzioni. La politica industriale «deve guardare alla produzione verde, certo è responsabilità singole imprese, ma lo è anche della scelta pubblica che deve indirizzare la domanda, scegliere, indicare vincoli». Il welfare è parte integrante di questo piano: «È un motore di sviluppo continua la Camusso – riduce disuguaglianza, in questi anni non è stato riformato, si è agito solo nella logica dei tagli e della riduzione del perimetro pubblico».
Messaggio al premier Monti
La Camusso pone «il problema del riconoscimento e del rispetto» replicando alle accuse mosse dal premier Monti alla Cgil di aver posto un freno alle riforme: «Non é riconoscimento e rispetto - ha sottolineato - quel tramestio che caratterizza la campagna elettorale in corso, che non distingue i ruoli, che confonde responsabilità, che cerca nemici per non provare a misurarsi sui contenuti, che scarica responsabilità per non ammettere che ha trascurato il Paese».
La cautela del ministro Barca
La proposta di riforma fiscale della Cgil è accolta positivamente dal ministro della Coesione fiscale, Fabrizio Barca: «condivido i suoi principi, ma dubito sulla capacita che possano arrivare 40 miliardi». Barca ha ricordato che nel 1960 gli investimenti pubblici erano pari al 3,5% del Pil, dal 1960 al 1990 la spesa per gli investimenti pubblici la spesa era al 3%, ora, invece, siamo al 2% del Pil; mancano all'appello 18-20 miliardi. Su questo tema la Cgil, per Barca, «pone con forza un accento in modo moderno e innovativo, altro che conservazione».
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