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Questo articolo è stato pubblicato il 01 febbraio 2013 alle ore 14:29.
L’Italia rischia l’instabilità politica, le elezioni potrebbero portare a un Parlamento senza maggioranza, ma gli investitori minimizzano. Che non drammatizzino è una fortuna, ma anche una stranezza. “Non è la prima volta” che ciò accade, nota il Financial Times sottolineando la contraddizione: “Italia e mercati finanziari sembrano vivere in mondi paralleli”, scrive il corrispondente da Roma Guy Dinmore.
In politica domina il pessimismo: la campagna elettorale diventa” sempre più tesa” e c’è la possibilità reale che il Parlamento non abbia una maggioranza in grado di governare; lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena si allarga; e anche le previsioni più ottimistiche indicano una contrazione dell’economia dell’1% quest’anno.
Eppure, la Borsa di Milano rimane “esuberante” e questa settimana il governo ha venduto titoli per 6,5 miliardi di euro ai tassi più bassi degli ultimi due anni. Come mai?
“Gli investitori – spiega Dinmore - non danno importanza al rischio di instabilità politica e si focalizzano sulla speranza che la recessione tocchi il fondo nei prossimi sei mesi e che la crisi del debito dell’eurozona sia passata”.
L’opinione tuttora prevalente rafforza questo orientamento, osserva il Ft. Ci si aspetta che dalle elezioni scaturisca un governo di coalizione tra i democratici di Pier Luigi Bersani e la nuova alleanza centrista guidata da Mario Monti.
Ma questo scenario “benigno” – prosegue il Ft - comincia a essere messo in dubbio. C’è il timore che i I centristi non ottengano un numero decisivo di seggi in Parlamento e che la “velenosa” campagna elettorale abbia guastato le chance di una felice coalizione con Bersani.
“Le prospettive di un governo stabile non sono incoraggianti”, dice al Ft Fernando Napolitano, capo dell’Italian Business and Investment Initiative di New York, che si domanda anche se Monti non abbia fatto un “errore strategico” respingendo l’offerta di Silvio Berlusconi di guidare una coalizione di moderati del centro-destra. Così facendo, ha scatenato un Berlusconi “combattivo”, con uno” straordinario talento” da rappresentante di commercio.
Stando ai sondaggi, puntualizza il quotidiano, Berlusconi sta riducendo il divario con i democratici, probabilmente non abbastanza da impedire al centro-sinistra di vincere alla Camera , ma forse in misura sufficiente per evitare che vinca in Senato.
Schiacciato tra i due litiganti, c’è Monti. “Potenza della mitologia romana”, scherza con il Ft un politico che fa parte della sua alleanza centrista. “Questo è un Paese fondato sul mito di Romolo e Remo, un fratello ha ammazzato l’altro. Gli italiani adorano i derby e non resta molto spazio in mezzo, anche il 15% sarebbe un buon risultato”, dice il politico, che ha chiesto di non divulgare il suo nome e prevede “difficili” negoziati con Bersani dopo le elezioni.
“Agli investitori e ai capi di governo europei – nota il Ft - piacerebbe vedere Monti almeno ministro delle Finanze della futura coalizione”, ma Bersani sembra preferire Enrico Letta e non è detto che Monti accetti quel ruolo.
Dietro questa incertezza, c’è la disillusione degli elettori nei confronti di tutti i principali partiti. Se un governo guidato dai democratici dovesse durare poco, “ad aspettare dietro le quinte c’è Matteo Renzi”.
Le ambizioni di lungo termine di Monti sono “poco chiare” anche a chi gli sta più vicino, osserva il Ft, indicando la possibilità che sostituisca Berlusconi come “incontestato” leader del centro-destra.
L’establishment italiano “è preoccupato per l’incertezza”, conclude Dinmore.
“Come mai così tanti partiti?” si domanda, in vista delle elezioni italiane 2013, l’analisi di un blog del Ft. Statistiche alla mano, Valentina Romei fa notare quanto l’Italia possa sembrare “strana”, con partiti e alleanze che non esistevano neppure nelle precedenti competizioni elettorali.
In febbraio sono in lista 169 partiti o movimenti o gruppi, si legge. Dagli anni ’90 ci sono state due riforme elettorali per ridurre la frammentazione dei partiti, ma nessuna delle due ha portato a partiti o coalizioni ampie e stabili, osserva Romei.
Come reazione alla corruzione del sistema politico è nata “una pletora” di partiti o movimenti anti-sistema. Anche Berlusconi si era presentato come la “faccia nuova” del mondo dell’impresa. “Ora appare molto differente” e avrà difficoltà a presentarsi come candidato “pulito”. Ma “non sembra ancora arrivato il momento in cui gli italiani possono votare per delle idee politiche piuttosto che contro un partito corrotto o l’altro”.
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