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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2013 alle ore 07:44.

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A poco più di due settimane dal voto l'ultimo sondaggio Sole-Ipsos registra numerose conferme e qualche novità. Continua a scendere la distanza che separa le due coalizioni maggiori. Questo è il dato più significativo ed è anche la conferma di un trend che va avanti da diverse settimane. Oggi Pd e Sel si attestano appena sotto la soglia critica del 35% dei voti alla Camera mentre Pdl e alleati sono arrivati al 28,3%.

Li separano 6,6 punti percentuali. Due settimane fa secondo l'Ipsos la distanza era di 10,8 punti. Berlusconi ne ha recuperati 4,2. Ma ne restano da recuperare più di sei in un tempo limitato. È un'impresa possibile?
Per cercare una risposta può servire fare un confronto con la campagna elettorale del 2006. Allora a due settimane dal voto il distacco tra l'Unione di Prodi e la Casa delle libertà di Berlusconi era di circa tre punti, oggi è più di sei. Nel 2006 il distacco rilevato ora era più o meno quello esistente a quattro mesi dal voto che poi si è ridotto a un misero 0,1. Quindi Berlusconi in quella campagna recuperò sei punti in quattro mesi. In questa campagna sei punti il Cavaliere li ha già recuperati. Infatti i dati Ipsos di fine ottobre 2012 indicavano un distacco di ben 12 punti tra centrosinistra e centrodestra.
Il recupero di Berlusconi quindi c'è già stato ed è rilevante. Non c'è dubbio che molti elettori delusi che lo avevano abbandonato siano tornati sui loro passi. Alcuni per convinzione, altri per mancanza di meglio. Lo dimostra il progressivo calo nello stesso periodo della percentuale degli indecisi.

Ma è realistico immaginare che tra gli attuali indecisi ci siano ancora tanti potenziali elettori berlusconiani da consentire al Cavaliere di ottenere alla Camera un voto più di Bersani e vincere il premio. In pratica Berlusconi, tra oggi e il 24 febbraio, dovrebbe recuperare tanti voti quanti ne ha riconquistati negli ultimi mesi. Ma lo deve fare avendo a disposizione meno tempo e soprattutto meno elettori ancora disponibili sul mercato elettorale. Infatti circa il 70% degli intervistati di questo sondaggio ha risposto alla domanda sul voto. Anche se l'affluenza alle urne arrivasse alla cifra delle elezioni del 2008, e cioè l'80% (cosa impensabile), questo vorrebbe dire che sul mercato ci sono meno di cinque milioni di elettori e che il Cavaliere dovrebbe conquistarne alla sua causa una percentuale superiore al 50%. Cosa non impossibile ma francamente difficile. Ancora più difficile se l'affluenza alle urne fosse intorno al 75% (si veda il Sole 24 Ore di domenica scorsa).

In ogni caso chiunque vinca una cosa è certa. Sarà il sistema elettorale a condizionare pesantemente l'esito del voto. Non è che questo non sia successo in tutte le elezioni della Seconda Repubblica. Ma questa volta sarà diverso. Infatti è possibile, se i dati dei sondaggi non mentono e se non ci sarà una "sorpresa di febbraio", che il vincitore abbia meno del 35% dei voti. Non è mai successo prima, né con il sistema elettorale in vigore tra il 1994 e il 2005, né con l'attuale sistema. Nel 2008 Berlusconi ottenne il 54% dei seggi alla Camera con il 47% dei voti. Oggi, con meno del 35% dei voti si potrà fare il governo e eleggere il presidente della Repubblica. Blair ha vinto il suo terzo mandato con il 35%. Ma l'Italia non è la Gran Bretagna. E non è neanche la Francia, dove il partito socialista di Hollande ha conquistato presidenza e maggioranza parlamentare con il 29% dei consensi grazie al doppio turno.

La vera incognita resta il Senato. Qui tutto è ancora possibile. Anche una netta vittoria del centrosinistra. Certo, se il recupero del Cavaliere continuasse le probabilità che Bersani non riesca a vincere il premio nelle regioni in bilico aumenterebbero. Gli ultimi sondaggi disponibili ci dicono che sia in Lombardia che in Sicilia la partita è ancora aperta. In Veneto invece sembra che il vantaggio del centrodestra sia ormai consistente. Ma la perdita del solo Veneto non basterebbe a privare Bersani della maggioranza assoluta. Questo accadrebbe però se Pd e Sel perdessero anche in una delle altre due regioni citate. Allora l'alleanza con Monti non sarebbe più una scelta ma una necessità.

Quanto al Professore, il suo livello di consensi sia alla Camera che al Senato resta intorno al 15 per cento. Secondo i dati Ipsos le variazioni nell'ultimo mese sono state modeste. Non è questa la percentuale che molti sostenitori della lista Monti si aspettavano ma resta comunque una performance di tutto rispetto. Soprattutto è un risultato che consentirà al premier uscente di giocare un ruolo decisivo al Senato. Come abbiamo sostenuto da molto tempo se la lista Monti resterà sopra l'8% Berlusconi sarà confinato in una posizione marginale. Sulla base di questi dati non sembra che Monti possa "sfondare" ma nemmeno che rischi un forte ridimensionamento.

Grillo e Ingroia sono gli altri attori sulla cui performance questo sondaggio dice qualcosa di nuovo. Il primo è in crescita. Dopo un periodo di appannamento le ultime vicende, e in particolare il caso del Monte dei Paschi, hanno aiutato il M5S a recuperare consensi. Anzi oggi sembra poter aspirare a diventare la terza forza della politica italiana con una percentuale di voti vicina al 16%. Nel caso di Rivoluzione Civile invece il trend sembra esser l'opposto. Il 3,7% dei consensi sono poco più di quelli presi dalla Sinistra Arcobaleno nel 2008. Il movimento di Ingroia rischia di danneggiare il Pd e di restare fuori dal Parlamento. Una storia già vista.

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