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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2013 alle ore 08:11.

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Anche sul lavoro tutti i candidati partono da una constatazione comune: la necessità di andare oltre la riforma Fornero, colpevole di aver bloccato quelle pochissime assunzioni che si fanno in tempi di recessione. Ma subito ecco le divisioni sul come: Bersani punta a rendere più conveniente i contratti a tempo indeterminato ribaltando la logica della legge 92, che aumenta invece i carichi contributivi sul contratti flessibili per spingere verso rapporti di lavoro standard. Una linea sui cui si spinge pure Berlusconi (favorevole a un ritorno alla legge Biagi) con la proposta-shock di azzerare il cuneo fiscale-contributivo sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato. Per Monti la strada da battere è quella della continuità: semplificazione delle norme che regolano il nostro mercato del lavoro e sperimentazione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato flessibile, frutto anche di intese tra le parti sociali sulla base dell'articolo 8 della manovra estiva del 2011.

Nessuno osa proporre nuovi interventi sull'articolo 18 così come modificato l'anno scorso (a parte le opzioni abrogative di Ingroia e Vendola, con referendum) mentre i tre candidati più antagonisti (Ingroia, Giannino e Grillo) propugnano l'adozione di un ammortizzatore sociale universale per i disoccupati. Il dossier lavoro si completa, naturalmente, con quello delle pensioni. Anche qui la convergenza delle proposte è per una «soluzione finale» del problema esodati, senza però entrare nei dettagli, mentre sull'ammorbidimento dei nuovi requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia le prese di posizione sono rimaste molto sfumate.

Poiché il mercato del lavoro non si fa ripartire solo con una nuova regulation in entrata, è sulle proposte di politica industriale che i sei in corsa si prodigano di distinguo che, se si vuole semplificare, spaziano dagli sgravi fiscali e la razionalizzazione degli incentivi alle imprese, fino ad arrivare alle nuove liberalizzazioni in settori a bassa concorrenza (elettricità, servizi pubblici locali). È il campo, questo, dove le indicazioni paiono più divergenti: Bersani punta a un rilancio del piano Industria 2020 con l'utilizzo dei fondi Ue del prossimo settennio, mentre Berlusconi vuole gradualmente sostituire gli incentivi con un taglio del cuneo fiscale. Monti punta sul credito, da agevolare ricorrendo a forme di raccolta alternative a quello bancario, e su una più coraggiosa internazionalizzazione dell'industria italiana.

Il "liberalizzatore" più spinto è il leader di Fare per fermare il declino, che propone di superare l'attuale sistema degli incentivi alle imprese, mentre per Ingroia e Grillo la declinazione maggiore è sugli investimenti in banda larga e ultra-larga, l'infrastrutturazione che può far fare un passo avanti strategico all'intero tessuto produttivo nazionale. E non è casuale se queste ultime due posizioni convergono anche sul secco "stop" alla Tav o sull'ipotizzato Ponte sullo Stretto, mentre per Bersani, Berlusconi e Monti è fuori discussione il completamento del cantiere Torino-Lione, cui si devono aggiungere tante opere minori da rilanciare con tutti gli strumenti possibili, comprese le forme del project financing e il massimo coinvolgimento dei privati.

Altro dossier su cui le proposte si polarizzano è la sanità dove il campo, se lo si vuole dividere in due pur tenendo conto dei numerosi distinguo, è tra chi sostiene un maggiore ingresso di capitali privati aprendo all'ipotesi di un temperamento del servizio universale (con Bersani che frena sui nuovi ticket e Monti che lo vorrebbe sostituire con una franchigia legata al reddito Isee) e chi, come Ingroia e Grillo, sono invece per la difesa ferma del sistema universale, sia pure con una rafforzata proporzionalità sul reddito dei ticket.

Resta il tema delle semplificazioni e dei tagli alla burocrazia, ritenuto centrale dal mondo delle imprese, ma in qualche caso è solo enunciato nei programmi elettorali. Gli impegni più forti arrivano in questo caso da Bersani, che punta a un grande ritorno all'autocertificazione (con controlli solo ex post per l'apertura di nuovi impianti produttivi) e Monti, che propone una consultazione pubblica nei primi cento giorni di governo per scegliere le nuove priorità di intervento contro gli oneri e le procedure. Berlusconi prova la sfida della proposta secca (riforma dei premi Inail per le Pmi), mentre Giannino e Grillo vorrebbero soprattutto semplificazioni fiscali.

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