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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2011 alle ore 14:55.

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Articolo tratto dal Rapporto Energia in edicola con Il SOle 24 Ore di lunedì 27 giugno

C'è un'Italia che cresce in silenzio, nel ricco ma bistrattato mondo dell 'energia. Un paese che va oltre la rinuncia al nucleare per referendum, al blocco delle centrali a carbone cosiddetto pulito (si veda Porto Tolle, ora forse in fase di sblocco) e allo stop dei rigassificatori di Porto Empedocle e Brindisi. Una fetta di paese non ancora contagiato dai virus Nimby (Not in my backyard, non nel mio cortile) e Nimt (Non in my term of office, non durante il mio mandato elettorale).

Non c'è solo chi ricorre al Tar per bloccare pale eoliche giudicate brutte su terreni di cui prima non interessava a nessuno. E non basteranno normative crea-paletti ai parchi fotovoltaici a terra (come gli ultimi due decreti sulle rinnovabili di marzo e maggio) per frenare l'Italia che si sta ricoprendo di pannelli solari, peraltro grazie agli stessi incentivi che ora premiano impianti su tetti e aree industriali.

Per non parlare dell'abnorme peso delle accise - due terzi del prezzo finale - sulla benzina (che costa il 10% in più del resto d'Europa) e l'insostenibile bolletta elettrica: il 30% in più per le famiglie e il 40% in più per la piccola e media industria, uno scandalo al quale mettere mano con urgenza.

Eppure, è un'Italia da Champions league quella che emerge dalla ricerca flash Nomisma energia realizzata per Il Sole 24 Ore. Ed è da testa di serie il ranking su ricerca e sviluppo che si ricava da questo Rapporto energia, grazie anche alle eccellenze di Eni ed Enel (si vedano gli articoli in questo Rapporto). «Nel 2010, il boom delle fonti rinnovabili ha portato il comparto energia a quota 250 miliardi di fatturato, dai 233 del 2009 (+7%) - spiega Davide Tabarelli, presidente di Nomisma energia -. Bene anche l'occupazione, salita, in base a una stima prudente, da 118mila addetti diretti ai 140mila attuali (+19%), ai quali vanno sommati altri 100mila lavoratori dell'indotto. In aumento gli investimenti, da 15,9 a 22,6 miliardi (+42%), sempre per il balzo delle rinnovabili. Il primo semestre 2011 ha mantenuto questi trend, pur in un quadro problematico per la volatilità del prezzo del petrolio e i consumi che non ripartono».

Nel paese della politica energetica giocata alla roulette russa dei Tar, quei 22,6 miliardi di investimenti 2010 sembrano un miracolo. «Ma ne mancano all'appello più di una decina - mastica amaro Tabarelli -. In primis, i sei miliardi attivabili se si autorizzassero nuove estrazioni delle riserve di gas e petrolio esistenti. Lo stop per sentenza alla centrale di Porto Tolle ci priverebbe di altri 2,5 miliardi, i due rigassificatori fermati valgono 1,5 miliardi. Tutta mancata nuova occupazione. Altri miliardi sono bloccati sul potenziamento delle reti elettriche, per veti di enti locali: eppure l'adeguamento è indispensabile per lo sviluppo delle rinnovabili».

Sono proprio le fonti alternative che stanno spingendo sull'acceleratore. Grazie agli incentivi pagati in bolletta dagli italiani (ma solo il 19% delle accise va al solare, si veda il Rapporto Energie rinnovabili del 3 maggio), è nata un'industria "verde" da 21 miliardi di fatturato all'anno.

Anzi, si è andati oltre: secondo stime Sole 24 Ore calcolate sull'attuale trend di impianti autorizzati all'esercizio dal Gse, entro la fine dell'anno - incredibile ma vero - il fotovoltaico potrebbe persino superare l'eolico, arrivando a 9 TWh di produzione lorda annua. Questo nell'ipotesi (plausibile) che il solare continui la sua corsa agli allacciamenti post decreto salva-Alcoa, balzando dagli attuali 6.582 MW di potenza a 9.000 MW (e tenendo presente che i nuovi impianti non dispiegheranno tutto il loro potenziale annuo produttivo ma solo le quote mensili del 2011 che va a terminare). La seconda condizione è che l'eolico freni invece il suo sviluppo, dal 30% di incremento attuale al 15% paventato dall'associazione dei produttori Anev, dopo il taglio degli incentivi e le incertezze per il cambio di incentivazione annunciato ma non ancora messo nero su bianco. E dire che solo nel 2009 l'energia dal sole produceva appena 0,7 TWh. Ma questa è solo la punta dell'iceberg.

L'elettricità catalizza l'attenzione, ma è solo una fetta della torta. «L'Italia dell'energia, intesa non solo come elettricità (che vale appena un terzo dei consumi) ma anche come calore e trasporti, ha un'industria e delle start-up persino superiori a quelle dei paesi ben più ricchi di fonti e di supporto statale», spiega Nino Tronchetti Provera, creatore del fondo Ambienta I, il primo in Europa e il quarto al mondo sulle cleantech (le tecnologie per l'energia pulita) e indicato dal Wall Street Journal fra gli Europe's top 10 green moguls. «Certo – prosegue – il fotovoltaico sta polarizzando l'attenzione, ma va considerato che è un sottoinsieme piuttosto piccolo che interseca i due grandi comparti dell'energia e del l'ambiente. È lì che ci sono delle perle sconosciute ai più, con leadership mondiali».

Come la Spig di Arona (Novara), leader nelle torri di raffreddamento e detentrice di una tecnologia unica al mondo, in grado di evitare la formazione dei pennacchi di vapore che solitamente fuoriescono. Una tecnologia apprezzata per le centrali a ciclo combinato, che abbattono le emissioni fino al 40%. Non a caso, la società cresce in modo esponenziale, vince premi internazionali (l'ultimo, Ue, a febbraio) e commesse in tutto il mondo ed è stata scelta di recente da Nino Tronchetti Provera che con il fondo Ambienta I ne ha acquisito il 30%.

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