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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2013 alle ore 07:37.

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I cristiani non cercano la vittoria della propria parte. Al di là degli errori commessi lungo la storia essi accettano ciò che Dio concede alla famiglia umana. Possono essere, di volta in volta, maggioranza costruttiva o minoranza perseguitata, ma ciò cui sono chiamati è solo l'essere presi a servizio del disegno buono con cui Dio accompagna la libertà degli uomini.
j) Cristiani nel quotidiano
Lo stile del testimone, sull'esempio di Gesù, domanda l'esercizio costante della vita come comunione centrata sul "dono totale di sé" ai fratelli (cf. Giovanni Paolo II, Redemptor hominis 9-10). In questi convulsi tempi di cambiamento le tre dimensioni della comune ed elementare esperienza umana – affetti, lavoro, riposo – provocano tutti i fedeli della nostra Diocesi ad una verifica non più rinviabile.
Nel campo degli affetti non manca il seme buono seminato dal Figlio dell'uomo. Il Vangelo visita gli affetti e li porta a compimento proponendo il comandamento dell'amore che da affettivo diventa effettivo: «La fede fa comprendere l'architettura dei rapporti umani perché ne coglie il fondamento ultimo e il destino definitivo in Dio, nel suo amore» (Lumen fidei 51). Il "per sempre" e la fecondità dell'amore – nel matrimonio, inteso come l'unione indissolubile di un uomo e una donna aperta alla vita, e nella verginità consacrata – è quindi il compimento del bisogno e del desiderio di ciascuno di essere amato e di amare.
Non possiamo perciò evitare di interrogarci: perché la parola cristiana sull'amore appare così poco attraente per la sensibilità del nostro tempo? Perché la definitività sembra più temuta che desiderata? Quali forme di accompagnamento possono educare fin dall'adolescenza a intendere la vita come vocazione e l'amore come decisione per sempre?
Invito gli educatori, i genitori, gli insegnanti a porsi queste domande, a lasciarsi provocare a verificare la propria testimonianza, a confrontarsi con le diverse sensibilità presenti nell'ambiente in cui operano.
I cristiani hanno la responsabilità di essere il seme buono anche nel campo del lavoro facendosi eco dell'apprezzamento di Dio per l'intraprendenza e la laboriosità umana, praticando la giustizia e la solidarietà come virtù irrinunciabili ed esercitando la propria professione come una vocazione. I cristiani hanno il dovere di vivere nell'ambiente quotidiano del lavoro come discepoli che non nascondono la loro fede, la condividono con gli altri fratelli e ne offrono testimonianza a tutti. Nel delicato frangente storico che il nostro paese attraversa, i cristiani devono impegnarsi con maggior rigore ed energia in quell'eminente forma di carità che è la politica.

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