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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2013 alle ore 14:16.

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Enrico Letta (Ansa)Enrico Letta (Ansa)

Gli esclusi eccellenti/1
Fuori dalle liste anche nomi di rilevo dello staff Bersani, come il portavoce Stefano Di Traglia o la direttrice di Youdem, Chiara Geloni. Del comitato Bersani alle primarie ci sono invece Roberto Speranza, capolista in Basilicata, e Alessandra Moretti, numero 3 in Veneto 1 dove a guidare la lista è il bersaniano Davide Zoggia. Non c'e' invece un altro giovane esponente dello staff "Primarie", Tommaso Giuntella.

Gli esclusi eccellenti/2
In evidenza, tra chi non rientra nelle liste approvate ieri dalla direzione del Pd, anche molti esponenti di prima fila dei renziani, a cominciare dal braccio destro del sindaco di Firenze nella campagna delle primarie, Roberto Reggi: «Mi accusano di aver esagerato, di essere stato offensivo, di aver definito "scagnozzi" alcuni bersaniani. Non mi volevano in lista, insomma. E con me danno l'esempio: colpirne uno per educarne cento», il suo commento a caldo in alcune interviste del giorno dopo. L'esclusione di Reggi porta Arturo Parisi a chiedere conto direttamente a Bersani e Renzi delle ragioni che hanno portato alla bocciatura di Reggi: «Solo la risposta a questa domanda può dire della democrazia che abita in quello che si proclama il Partito dei democratici».

Gli esclusi eccellenti/3
Restano fuori dalle liste anche il costituzionalista Stefano Ceccanti, senatore uscente da sempre legato alle posizioni liberal vicino a Walter Veltroni e, più recentemente, spostatosi su posizioni "filo montiane", e due esponenti storici dell'area ambientalista come Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, senatori uscenti impegnati sul fronte Ilva di Taranto e green economy. «L'anima ecologista nel Pd é stata quasi cancellata», commenta oggi Della Seta, senatore uscente ed ex presidente di Legambiente: «Nella fotografia che il Pd sceglie di offrire all'Italia, oggi quell'anima é ridotta ai minimi termini». Insieme a Ferrante, Della Seta rassicura però i sostenitori:. «Di mollare - concludono -non abbiamo la minima intenzione: per vent'anni ci si siamo battuti per l'ambiente fuori dal Parlamento, continueremo a fare i rompiscatole dove e come possibile».

Chi c'è ma in cattiva posizione
È il caso, ancora una volta, di un renziano "di ferro", lo spin doctor Giorgio Gori, che in Lombardia è in corsa per il Senato la 23° posto, posizione che non gli garantisce con certezza l'elezione. Per il resto, la corsa in Lombardia vede dietro a Bersani Giampaolo Galli, Barbara Pollastrini e poi sesto Pippo Civati, ottavo Emanuele Fiano, decimo Franco Monaco. In Lombardia 2 ci sono Antonio Misiani terzo e Daniele Marantelli quinto, nona la renziana Simona Bonafe'. In Lombardia 3 al quarto posto Matteo Colaninno, sesta Rosa Calipari.

Il malcontento sui "paracadutati"
Dal cosiddetto "territorio" si alza anche la protesta per l'eccessivo numero di "esterni" (i non locali, in pratica) "paracadutati" nelle regioni. In Sardegna, la direzione regionale potrebbe chiedere a Bersani di riaprire la discussione sui nomi, che al momento sono quelli del segretario regionale Silvio Lai, capolista al Senato. Il partito locale chiedeva l'inserimento di un solo esterno, nel rispetto del risultato delle primarie e dell'alternanza di genere. Invece, per il Senato spunta il nome di Luigi Manconi (non ha corso alle primarie) e non compaiono donne. Alla Camera capolista é stato indicato il segretario provinciale del Sulcis, Emanuele Cani, vincitore delle primarie, ma anche il deputato uscente Francesco Sanna, sconfitto da Cani alle primarie e «ripescato» ieri. Tra i primi effetti della lista sarda, le dimissioni di Giampaolo Diana, del capogruppo Pd in Regione, in dissenso con le decisioni romane. Ieri, lo scontro centro periferia sugli sterni aveva anche porattao alle dimissioni annunciate dal segretario del Pd pugliese Sergio Blasi, poi rientratein seguito a un compromesso.

La soddisfazione del Veneto senza "esterni"
Di segno opposto la soddisfazione che si registra in Veneto, dove Rosanna Filippin, segretario regionale Pd, sottolinea come i candidati «nella nostra regione sono tutti Veneti, sono davvero soddisfatta di questo risultato. Il Pd nazionale ha ascoltato e compreso le nostre richieste». I risultati delle Primarie, poi, «sono state rigorosamente rispettate, non ci sono ripescaggi di sorta, perché noi crediamo nelle regole che ci siamo dati».

Gli scontenti tout court: il Psi
«Noi non facciamo gli ospiti in casa di nessuno». Netto il commento del segretario nazionale del Psi, Riccardo Nencini, all'indomani del "supermartedì" che ha scoperto le carte in casa Pd. «L'ipotesi di una lista Pd-Psi nel nome del Socialismo europeo era supportata da un orizzonte politico condiviso e da una rappresentanza equilibrata dei territori. Se vengono meno questi presupposti, ognuno per conto proprio».

Chi c'è e non doveva esserci (per i renziani)
È il caso, spesso, dei parlamentari uscenti che si ritrovano in lista anche senza aver affrontato le primarie, come Giancarlo Sangalli e Gianluca Benamati, ripescati nel listino bloccato (rispettivamente, per Senato e Camera) aprendo un caso politico nel Pd di Bologna. Per i renziani locali, «quelli che sono stati messi in lista in posti sicuri dopo essersi rifiutati di fare le primarie come gli altri devono vergognarsi, uscire dalle liste e andare a lavorare. Questa é una schifezza e il Pd creperà sotto il peso di queste cose».

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