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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2011 alle ore 12:42.
«Se votassi al ballottaggio di Gallarate voterei Partito democratico». Lo ha affermato ai microfoni di Radio Popolare, che ne ha fornito una sintesi, Attilio Fontana, il sindaco leghista di Varese. «A Gallarate si è creata una situazione ormai insostenibile», ha detto Fontana. «Credo che all'interno della Lega si sia creata un'attenzione a tutte quelle parti politiche che cercano di fare discorsi riformisti seri - ha concluso Fontana -. C'è una parte del Pdl che è riformista serio e una parte del Pld che non lo è. In questi mesi si è assistito esattamente a questo». (ANSA)
Il Lega Point di Gallarate, a pochi passi dall'aula consiliare dove i risultati arrivano con il contagocce, resta sbarrato fino alle 22.30, quando Giovanna Bianchi Clerici fa una breve comparsa per annunciare la sconfitta. Umori cupi: la Lega balla da sola ma non sfonda. Niente ballottaggio per il Carroccio, per una manciata di voti (circa 650) la coalizione del centrosinistra (Pd, Idv, Sel e una lista civica) guidata dall'ingegnere, ex assessore democristiano, Edoardo Guenzani, agguanta il secondo turno e il diritto, dopo quindici anni, di contendere al centrodestra il governo della città.
Il "laboratorio" Gallarate non trova la formula della vittoria in solitaria, nonostante l'asso da novanta – la Bianchi Clerici, consigliere d'amministrazione in Rai, voluta a tutti i costi da Bossi – e le ripetute presenze in città a suo sostegno, dal Senatùr in persona al ministro Maroni e i due super-governatori padani, Zaia e Cota.
«Il Pdl del malgoverno» - così la Bianchi in campagna elettorale – tiene, anche se incassa un tracollo di 25 punti rispetto alle precedenti comunali del 2006, e gli uomini del Cavaliere a Gallarate si interrogano su come conquistare le urne il prossimo 29 maggio. Massimo Bossi, il candidato vicesindaco facente funzione da gennaio, quando l'ex sindaco Nicola Mucci è stato costretto alle dimissioni in seguito alla nomina di direttore della Asl di Sondrio – l'uomo del grande tessitore del Pdl locale Nino Caianiello, appoggiato anche dall'Udc – punta ad uscire dall'isolamento politico in cui versa questa enclave pidiellina di origine socialista, dall'anima laica più che cattolica, e che in Lombardia rappresenta un modello sui generis. In campagna elettorale Berlusconi, forse per un patto di desistenza con il Senatùr, si è tenuto alla larga da qui. E neppure nessuno dei colonnelli di Arcore al Pirellone è venuto portare la sua benedizione. Ora, ed è il primo messaggio che Massimo Bossi consegna a risultati consolidati, «forse il Presidente troverà il tempo di venire».
A Gallarate, centro di 51mila abitanti, periferia di Malpensa, cresciuto di 5mila abitanti negli ultimi dieci anni, sono tre, in sostanza, i nodi in cui si salda il fuoco leghista a quello dell'opposizione di centrosinistra: un sistema di potere poco trasparente e che si esprime in maniera eclatante nella gestione "proprietaria" dell'azienda multiservizi cittadina, la cementificazione selvaggia del territorio e l'eccessivo impegno di risorse per la realizzazione e conduzione del MAGA (il museo d'arte moderna) e dei teatri. «Privilegiare i programmi sugli schieramenti» ribadisce infatti Guenzani ieri sera, strizzando l'occhio all'elettorato leghista.
Già, per gli elettori della Lega la delusione per il mancato appuntamento del ballottaggio si può tradurre in una diffusa astensione. La Bianchi, annunciando in serata la sconfitta, ribadisce: «La Lega non appoggia nessuno, dubito si possa riorientare il voto e ho troppo rispetto della libertà intellettuale dei nostri elettori per dare indicazioni». Il problema, e i padani lo ripetono a chiare lettere, «non è con Berlusconi o il Pdl, ma con "questo" Pdl, che non esprime una cultura autoctona». La conferma di queste parole arriva anche confrontando i risultati ottenuti da Bossi (33,53%) con quelli dei partiti a lui collegati (35,73%). Due punti in meno al candidato Bossi, quegli stessi due punti che incassa la Bianchi (30,57) rispetto alle sue liste (28,41).
E ora? «Puntare al voto cattolico – sostiene un elettore berlusconiano arrabbiato, in attesa dei risultati definitivi – e tirare fuori le contraddizioni di una coalizione (quella del centrosinistra) che vuole governare con degli alleati favorevoli al riconoscimento delle coppie di fatto e dei matrimoni gay». A sinistra la campana non suona tanto diversa: «Nel 30% del voto lùmbard ci sono elettori non leghisti che però non volevano votare Pdl – spiega il sindaco Pd di Cardano al Campo – difficile pensare che ora si convincano a farlo». Alla fine, insomma, il "laboratorio" Gallarate sarà soprattutto la manifattura di una cannibalizzazione esemplare del blocco leghista.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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