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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2011 alle ore 10:48.
L'ultima modifica è del 15 aprile 2011 alle ore 10:48.
Pochi andranno a votare, e se lo faranno avverrà in modo distratto. Ma guai a definirli annoiati e privi di interesse: gli under 30 di Milano, i ragazzi nati nel corso degli anni Ottanta, «sono un terreno fertile ma semplicemente non ancora coltivato». Per Alessandro Rosina, docente alla Cattolica di Milano di Demografia e statistica sociale, i nuovi ventenni hanno entusiasmo da vendere, ma non trovano politici in grado di attirare la loro attenzione.
I ragazzi di Milano guardano alle amministrative con attenzione o disinteresse?
Sostanzialmente con disinteresse, ma solo perché nessuno è in grado di parlare il loro linguaggio, attirare il loro sguardo, parlare di quei problemi concreti di cui loro hanno voglia di sentir parlare.
Non è la stessa cosa di sempre, tipica delle nuove generazioni?
Esiste una tendenza giovanile generale al voto di protesta, al rifiuto delle convenzioni. Ma questa generazione è molto diversa da quella precedente, quella dei 30-40enni. Faremmo un errore a dire che sono tutti uguali, in realtà si va ad ondate generazionali.
Quali sono le diversità?
Oggi i ragazzi sono prima di tutto meno individualisti, passivi e rassegnati rispetto alla generazione precedente. Nella politica cercano un giovane, qualcuno con cui identificarsi, oppure qualcuno che sappia capire i loro problemi e cercare soluzioni concrete. Vorrebbero impegnarsi in politica, ma ritengono che per il momento non sia un settore soddisfacente per loro, pertanto possono essere definiti "attendisti". Però ogni anno cercano di farsi sentire con prove generali, come le proteste studentesche.
Ma quelle non ci sono sempre state? Ora l'Onda, prima la Pantera...
La Pantera era un fatto isolato. Ora invece ogni anno si fanno proposte, si contesta ma si cercano anche soluzioni da proporre ai ministri. Insomma, loro vorrebbero esserci, ma sono come un terreno che nessuno coltiva a sufficienza.
Però, a differenza di quanto avveniva anche solo un decennio fa, non esistono molti collettivi giovanili, movimenti, sigle che li riuniscano dentro i partiti. Fanno sentire meno la loro voce.
Non hanno fiducia nella politica tradizionale, e quindi non la frequentano, ma in realtà avrebbero più voglia di impegnarsi di prima. Solo che hanno bisogno di maggiore concretezza, sono pragmatici, non amano teorie fumose, e, nella loro ingenuità, credono che potrebbero far meglio di quelli che governano o amministrano oggi. E in più hanno la forza dello spirito collaborativo, sanno stare in rete grazie all'uso delle tecnologie. Per questo hanno un forte senso di appartenenza, più della generazione precedente.
Dipinge un quadro positivo...
Le potenzialità degli under 30 sono già evidenti negli altri paesi. Talvolta fanno la differenza. Obama non sarebbe stato eletto senza l'appoggio dei più giovani.
Ma come si spiega questo cambiamento: prima egoisti e rassegnati, oggi pieni di entusiasmo e concretezza?
Perché i ragazzi nati dopo il baby boom sono quelli cresciuti nella Milano da bere, protetti dai loro genitori, che hanno regalato loro l'illusione che una laurea li avrebbe condotti all'affermazione professionale e personale. Poi però hanno dovuto fare i conti con la realtà: la disillusione della politica con Mani pulite, la precarietà del lavoro, l'assenza di ammortizzatori sociali e una riforma pensionistica che ha scaricato su di loro tutti costi. E loro, per contro, hanno chiesto più protezione ai genitori.
E adesso cosa è cambiato?
Semplicemente oggi i ragazzi sono più preparati, hanno già visto cosa può succedere ai loro fratelli maggiori, e quindi sono pronti a gestire il rischio anche a loro favore. Sono meno idealisti e anche meno ideologizzati, cercano soluzioni concrete.
Questo discorso vale sia per i maschi che per le femmine?
Si, c'è sempre meno differenza, i percorsi sono più standardizzati. Da notare che le ragazze già da tempo cercano un percorso di affermazione pubblico, di impegno politico, talvolta più dei ragazzi. Le femmine sono più aggressive di prima.
E quindi a Milano cosa voteranno?
Ritengo che voteranno poco, ci sarà un alto astensionismo, oppure saranno attratti dal Movimento 5 Stelle e Sel, percepiti come più nuovi e dinamici, o dalla Lega, che viene percepito come un partito che dà più spazio ai giovani dirigenti. Alle amministrative saranno perlopiù distratti. Del resto, nessuno sa parlare loro.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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