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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2011 alle ore 10:44.

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Gianfranco Fini, Pier Ferdinando Casini, Francesco Rutelli sono arrivati tutti insieme a Milano per incoronarlo candidato sindaco del Polo della Nazione. Consigliere a Palazzo Marino da 10 anni e presidente del consiglio comunale da 5, adesso si gioca tutte le sue carte: la sua corsa potrebbe rivelarsi determinante, soprattutto in caso di ballottaggio.
Manfredi Palmeri, classe 1974, a Futuro e libertà è approdato dopo una carriera in Forza Italia e la sua decisione proprio non è andata giù al Pdl. Che ne ha chiesto a gran voce le dimissioni dalla presidenza del consiglio comunale.

Per due anni, tra il 2004 e il 2006, è stato capogruppo forzista a Palazzo Marino, a Milano era uno dei giovani azzurri più vicini a Silvio Berlusconi, poi la scelta di stare con Gianfranco Fini. Che lo ha accolto a braccia aperte, affidandogli la guida del partito in città.
Quello che non ha funzionato sembra essere stato proprio il rapporto con la sindaca, Letizia Moratti. Diverse le tensioni tra i due negli ultimi mesi, come quella sull'opportunità di istituire una commissione comunale antimafia, che il sindaco non ha portato avanti dopo il parere del prefetto Gian Valerio Lombardi. Il nervosismo si è acceso con la campagna elettorale, tanto che Palmeri parla di «ossessione» di Letizia Moratti nei suoi confronti.

È convinto di essere lui il vero competitore per la sindaca alle prossime elezioni, non Giuliano Pisapia. E accusa entrambi i suoi rivali di «applicare e alimentare vecchi schemi della politica. Noi siamo per il nuovo - sottolinea- siamo il cambiamento che serve a Milano e al Paese». Sarà giovane ma ha già il piglio del politico navigato, sempre con la risposta pronta, come quando gli domandano chi appoggerà al ballottaggio, se Moratti o Pisapia: «È una ipotesi che non
contempliamo affatto - risponde - al ballottaggio andremo noi e vinceremo».

Lo appoggiano la lista dell'Udc e un cartello che raccoglie Fli, Api con una formazione sostenuta da Massimo Cacciari, ma anche i liberali di Carlo Scognamiglio e i repubblicani di Giacomo Properzi, oltre al Movimento per l'Autonomia di Rosario Tomarchio. In lista per Palmeri c'è pure Sara Giudice, l'anti Minetti che ha più volte criticato la decisione del Pdl di appoggiare alle ultime regionali l'attuale consigliera del Pirellone, e Carlo Montalbetti; la capolista è Barbara Ciabò, presidente della Commissione casa di Palazzo Marino in prima linea per ottenere gli elenchi degli affittuari del Trivulzio, vicenda sulla quale tutto Fli si è speso parecchio.

A tenere bene d'occhio i sondaggi l'aspirante primo cittadino deve averlo imparato nel suo passato in Forza Italia: «In alcune zone della città - annuncia - siamo oltre il 50 per cento». Quanto a Letizia Moratti, le critiche di Manfredi Palmeri vanno soprattutto su Expo: «Una vicenda che sta finendo malissimo». E alla campagna di affissioni della sindaca: «È imbarazzante che si spendano milioni e milioni di euro e in più per un
campagna inefficace - sostiene l'esponente Fli - in quelle foto Moratti
sembra una intrusa, un perfetto corpo estraneo, come lo è da sempre, alla città». Palmeri non rinuncia però all'idea di un confronto tv con la prima cittadina di Milano: «Scelga lei il giorno, il luogo dove farlo, il moderatore, e dico di più: scelga anche le domande, le risposte almeno quelle le lasci a noi».

Niente di scontato nella scelta del terzo polo per la sua candidatura a sindaco di Milano. Il nome sul quale da subito i centristi puntavano era quello di Gabriele Albertini, già primo cittadino del capoluogo lombardo per due mandati, che ha declinato l'offerta e ha accettato l'incarico di presidente di Edipower (manca ancora la formalizzazione), poi si era parlato di Salvatore Carrubba e di Bruno Tabacci. Che subito ha apprezzato l'indicazione del giovane esponente di Fli: «Una scelta buona. Palmeri ha il merito di aver rotto con il sindaco Letizia Moratti come, fatte le debite proporzioni, Fini ha rotto con Berlusconi».Tabacci ha rivelato di essere stato lui stesso a proporre il nome del presidente del consiglio comunale di Milano a Fini e Casini. Anche Massimo Cacciari, dopo il no di Albertini, tifava per lui.

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