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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2011 alle ore 06:39.
Non c'è solo Bologna. La Lega si è intestata il comando della sfida contro il centro-sinistra in 14 Comuni dell'Emilia-Romagna (tra cui Cento e Salsomaggiore) sui 30 in cui si vota. Ancora prima del voto, insomma, è riuscita a spuntare quasi la metà delle candidature a sindaco bilanciando già il suo rapporto di forza con il Pdl e aspettando di fare i conti finali dopo i ballottaggi. Bologna è il simbolo della fragilità del primo partito della coalizione di centro-destra ma gli altri 14 Comuni sono la conferma che questa volta i leghisti hanno visto un «boccone ghiotto» come dice Paolo Stefanini che con il suo libro "Avanti Po" descrisse l'avanzata padana nelle terre "rosse" dell'Emila e della Toscana. «Le divisioni del Pdl – dice – sono l'occasione giusta per crescere ancora. Questa volta a spese del Pdl». Dunque, «la costola della sinistra» adesso non farà male al Pd ma mira al suo alleato per scalzarlo da dominus della coalizione. Lo stesso copione che si è visto – e si vede – in "Padania".
«Sfatiamo questo mito che il Carroccio cresce a spese della sinistra. Qui a Bologna la sfida è sull'egemonia del centro-destra». Fausto Anderlini, sociologo, con le sue ricerche demoscopiche ha descritto da tempo il fenomeno "verde" nelle roccaforti ex Pci e, a ogni tornata elettorale, quel colore ha macchiato sempre più l'Emilia-Romagna. Un'escalation che è partita dal 2,5% delle politiche 2001 fino all'8% del 2008 per poi accelerare all'11% delle europee 2009 e ancora al 15% delle regionali 2010. Un'exploit che in alcune zone dell'Emilia ha raggiunto anche consensi oltre il 20% (come si vede dalla cartina) e ha permesso di espugnare piccoli luoghi simbolici come Viano, comune rosso in provincia di Reggio Emilia. «Ma non è il muro rosso che viene buttato giù, a cadere – stavolta – è il muro del Pdl», ripete Anderlini.
È dunque questa la sfida leghista: vincere sul Pdl più che vincere tout court. Minimizza Angelo Alessandri, deputato e segretario della Lega in Emilia: «Fino a due anni fa invece abbiamo preso molto dal centro-sinistra, oggi forse è vero che c'è più competizione con il Pdl ma chi vota Lega è deluso dalla politica e qui, dati i numeri, vuol dire deluso dal Pd. Anche perché tra la gente e tra gli amministratori il "no" del Pd al federalismo non è compreso né accettato». In questo voto la Lega si cimenta pure in due luoghi "sacri" per gli amanti della musica e candida un suo uomo a Zocca, paese di Vasco Rossi (cantautore amatissimo da Pierluigi Bersani) e uno a Monghidoro, dove è nato Gianni Morandi.
Al di là dell'Appennino, invece, la strada è in salita. «La Toscana oggi è com'era l'Emilia qualche anno fa. Per noi è una stagione di semina, di investimenti politici: non è ora che aspettiamo il risultato». Giacomo Stucchi, deputato leghista in ascesa, non è di casa in Toscana. Bergamasco, vicino a Roberto Calderoli, è stato inviato nell'altra roccaforte rossa da Umberto Bossi: tecnicamente è "legato federale", una funzione che affianca il segretario della Toscana proprio per dare un calibro in più a questa gara. Qui si vota in provincia a Lucca e poi per i sindaci di Grosseto, Arezzo, Siena: nessun candidato leghista, si parte da posizioni più arretrate. «Far passare la "Padania" qui era dura ma ora, con un'azione di governo credibile su sicurezza, immigrazione e federalismo, possiamo giocarci la nostra partita immaginando un'escalation come c'è stata in Emilia. Abbiamo bisogno di due anni ancora».
E l'inizio si colora di una strategia che punta dritto all'attacco delle cooperative. «C'è un forte malessere sia per le Coop della distribuzione che stanno uccidendo i piccoli commercianti sia per le grandi imprese edili che hanno di fatto escluso gli artigiani o i piccoli imprenditori. Ecco – conclude Stucchi – noi diamo una sponda agli esclusi da questo sistema economico di potere». Situazione diversa in Emilia dove invece Lega e cooperative hanno maturato un rispetto, se non una sintonia. «Sono loro che hanno scelto di sganciarsi dalla sinistra diventando Spa e ora vogliono muoversi con più libertà», spiega Alessandri. Un pragmatismo diverso da quello Toscana dove la campagna della Lega è ben diversa da quella emiliana: è una campagna da "piccoli numeri" che però vuole crescere puntando sul malessere, sulla rabbia, sugli esclusi. «La sinistra – racconta Stucchi – è sparita dalle periferie, dai piccoli paesi, si è arroccata nelle grandi città e nei centri storici ignorando quello che avviene tra i ceti più bassi. La svolta di centro-destra a Prato è la dimostrazione che c'è un malessere che la sinistra non sa più governare». Un'altra prova per la «costola della sinistra» che rilegge una storia tra gazebo nei mercati e richiamo identitario che pare funzionare anche oltre il Po.
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