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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2011 alle ore 15:19.
Milano vive il successo del Salone del Mobile, dove il design dei piccoli produttori è essenziale. Negli ultimi quindici anni è andata in crisi la grande impresa italiana, che fino agli anni Ottanta aveva plasmato l'industrial design internazionale. Oggi il design dell'economia della conoscenza si è spostato in Asia e negli Stati Uniti. Come fa, Milano, a recuperare centralità nei processi creativi?
Milano è ancora centrale. È vero. Il paesaggio industriale e estetico negli ultimi trent'anni è profondamente mutato. Ma anche i nuovi assetti produttivi italiani, fondati sulla piccola e sulla media impresa, e i nuovi equilibri della globalizzazione, in cui accanto all'attività ciclopica delle multinazionali esistono pure nicchie e segmenti in cui l'estetica fa premio sul prezzo e sui classici fattori della produzione, non possono che avvantaggiare il modello Italia e il modello Milano.
Tornando alla questione dei dividendi, dal 2006 a oggi Palazzo Marino ha staccato cedole dalle partecipate (A2A, Sea e Atm) per 885 milioni di euro. Sul previsionale del 2011, conteggiate dividendi per 297 milioni. Una politica tanto aggressiva sui dividendi non rischia di indebolire le società?
Non credo sia aggressiva. Come azionisti abbiamo fatto e stiamo facendo la nostra parte. In Atm abbiamo già investito 500 milioni di euro, altrettanti li investiremo nei prossimi tre anni. In Sea abbiamo rinunciato ai dividendi per due anni. L'unico dividendo che abbiamo chiesto è stato a A2A, una società che ormai si è consolidata da tempo.
Riguardo a Sea, non ritiene che Malpensa continui a essere tagliata fuori dai grandi collegamenti diretti internazionali?
Il management della Sea ha fatto un lavoro importante. Malpensa va bene sul corto e sul medio raggio. L'anno scorso i passeggeri sono aumentati del 9% e il traffico merci del 39 per cento. Certo, manca ancora un grande vettore che ci scelga come hub per i voli internazionali diretti. Ma, in un contesto europeo che tende alla saturazione, potrebbe diventarlo Lufthansa, che è già il primo operatore nel nostro aeroporto.
Nel 2006 il Comune ha ceduto il controllo di Metroweb, che gli acquirenti di allora si apprestano oggi a rivendere in un'asta con una plusvalenza stimata del 600 per cento. Le dispiace avere fatto quell'operazione?
Negli affari nessuno ha la sfera di cristallo. Allora sembrò una cosa corretta. Anche perché il Comune ha conservato il diritto a usare la rete per quindici anni inserendo i suoi contenuti. E' anche grazie alle risorse ottenute in quel momento che il Comune di Milano ha potuto migliorare i servizi pubblici, non gravare di alcuna quota comunale l'Irpef, programmare 800 milioni di euro di investimenti su venti anni nella rete idrica che resta pubblica, investire 3,5 miliardi di euro nelle linee metropolitane.
In portafoglio avete il 18,2% dell'autostrada Milano-Serravalle. A che punto è la dismissione e quanto contate di incassare?
Una perizia del 2007 attribuiva a questa quota il valore di 165 milioni. Il consiglio comunale ha appena approvato il bilancio. Ora ci sarà un'altra perizia per definire l'attuale valore. Poi, procederemo.
Martedì al Bie si terrà un incontro per l'Expo. Sui terreni si è faticosamente arrivati a un accordo. Il governo ha appena stanziato 13 milioni di euro dando fiato alla Spa. Sono emersi alcuni intrecci economici fra il presidente della Provincia Podestà e i Cabassi. Questi problemi fanno male alla credibilità internazionale di Milano?
Non sono d'accordo che ci sia un problema di credibilità. Noi amministratori lavoriamo con i soldi pubblici. Dunque, è giusto trovare la soluzione migliore e sottoporla al vaglio di terzi. Certo, ci sono passaggi che possono sembrare faticosi e burocratici, ma anche questa volta abbiamo trovato per esempio l'accordo sulle aree. Diciotto paesi hanno già aderito all'Expo. E mi consenta di ricordare che, nonostante tutto, non siamo mai arrivati in ritardo alle scadenze fissate dal Bie. Martedì a Parigi ci presentiamo con tutte le carte in regole
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