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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2011 alle ore 07:55.

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La scalata della Lega alle fondazioniLa scalata della Lega alle fondazioni

di Lina Palmerini
ROMA. Che la Lega abbia «quasi in mano il Paese» – come dice Umberto Bossi – è di certo un'iperbole ma che la scalata sia man mano più aggressiva è la realtà. Soprattutto al Nord perché non c'è niente che per i leghisti valga di più: non un sottosegretario o un viceministro a Roma ma piuttosto poltrone nei Cda delle fondazioni bancarie o delle multiutilities padane. Sono quelle il target e queste elezioni amministrative serviranno per «riallineare» – come dice un leghista raffinato – alcune posizioni tra Pdl e Carroccio. Già perché i voti si contano nelle urne ma poi "pesano" nei luoghi di potere come sono appunto le Fondazioni e tra queste la Cariplo. La prossima tornata amministrativa, infatti, mette in palio oltre che sindaci o presidenti della provincia anche la loro capacità – se eletti – di esprimere dei nomi per la Fondazione guidata da Giuseppe Guzzetti. E tra tutte le città e province che sono in gara, le sfide più interessanti dal punto di vista degli equilibri sono senz'altro Mantova e Milano.

È da lì che potrebbe arrivare una nuova iniezione di padani nella struttura di governance visto che adesso Mantova è amministrata dal centro-sinistra e che la sfida per conquistare la "roccaforte rossa" l'ha lanciata la Lega. Il centro-destra ha mandato avanti un uomo del Carroccio, Gianni Fava, molto vicino a Roberto Maroni e Giancarlo Giorgetti, uno che ha scelto come slogan "riportiamo Mantova in Lombardia", che vuol dire strapparla alle rosse tradizioni più emiliane che lombarde. Il fortino di sinistra ha già perso il comune lo scorso anno e questo è valso già al centro-destra una nuova nomina di area leghista in Cariverona. E alle provinciali il centro-sinistra rischia ancora visto che si è frantumato in tanti pezzi: Alessandro Pastacci è il candidato del Pd-Sel-Idv ma al primo turno la sinistra va in ordine sparso e con propri candidati così come il terzo polo (uno è di Api-Fli e un altro Udc).

In questa partita elettorale, insomma, la Lega aspira oltre che alla provincia anche a un posto in Fondazione Cariplo, come prevede il regolamento che affida la nomina di un consigliere a ciascuna delle province lombarde (tranne Milano che ne esprime tre). In questo modo ci sarebbe un reset degli attuali equilibri visto che l'attuale amministrazione mantovana di centro-sinistra aveva espresso un "suo" uomo. Attualmente c'è già una pattuglia di consiglieri e commissari di area leghista in Fondazione. Ci sono quelli espressi dalla provincia di Varese – Giorgio Gaspari – e di Sondrio – Marco Antonio Dell'Acqua – così come c'è il consigliere del Cda Luca Galli ("leghista guzzettiano") e l'economista Rocco Corigliano, in più nel collegio sindacale c'è Andrea Bignami. A questi nomi se ne aggiungerebbe uno espresso dalla provincia di Mantova – se la Lega vincerà – e un altro tra i tre che deve esprimere Milano. Se il vicesindaco sarà leghista è chiaro che uno dei tre nomi sarà di area padana. Insomma, un probabile "più due" per il Carroccio in Fondazione mentre un altro uomo leghista, Marcello Sala (vicino a Giancarlo Giorgetti) è andato nel consiglio di sorveglianza Intesa Sanpaolo.

Inutile spiegare l'influenza che questo "più due" potrà avere sull'assetto bancario e innanzitutto su Intesa San Paolo di cui la Fondazione Cariplo detiene il 4,68% (con l'eventualità di arrontondarla). Senza contare il ruolo strategico che le Fondazioni hanno nella Cassa depositi e prestiti, luogo di strategie tremontiane. Del resto, che l'ingresso della Lega in banca abbia cambiato qualcosa è dimostrato dalla vicenda che ha visto l'uscita di Alessandro Profumo da Unicredit: si ricorda il ruolo determinante giocato dai vertici del Carroccio e dal sindaco di Verona Flavio Tosi (attraverso Cariverona) per capire quanto conti misurare – e aggiornare – i rapporti di forza.

Ma le amministrative per la Lega non vogliono dire solo banche o Fondazioni. L'altro boccone succulento sono le multiutilities. È noto che il bersaglio grosso è la A2A – frutto del matrimonio tra l'Aem di Milano e l'Asm di Brescia – oggi guidata da Graziano Tarantini, uomo di Comunione e liberazione, ma anche vicepresidente di Bpm. Da tempo circolavano rumors che lo volevano al vertice di Bpm proprio per liberare il suo posto alla presidenza del consiglio di sorveglianza dell'A2A che tanto "interessa" al Carroccio. In quella posizione immaginavano un uomo vicino ai padani, Bruno Caparini, imprenditore, già al consiglio di sorveglianza ma che arrivando alla guida della multiutility realizzerebbe quell'"ideale" di Bossi-Giorgetti di portare il Carroccio a orientare le dinamiche delle grandi aziende erogatrici di servizi. Altro target sensibile è Trenord, l'azienda di trasporti frutto della recentissima fusione tra Trenitalia e Ferrovie Nord (LeNord): un matrimonio che necessita un nuovo assetto nella governance e la Lega vuole dire la sua. È chiaro che i conti si faranno dopo il derby tra Pdl e Lega di maggio.

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