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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2011 alle ore 08:11.
L'ultima modifica è del 17 maggio 2011 alle ore 06:54.
Capita spesso nella storia d'Italia che i grandi movimenti politici abbiano il loro inizio, o la loro fine, proprio a Milano. Vedremo se Berlusconi avrà la forza e la fantasia per recuperare il bandolo della matassa. L'impresa si annuncia proibitiva. Il fatto che la Lega sia furiosa lascia presagire piuttosto la conclusione, presto o tardi, di una lunga stagione fatta di alleanze, di percorsi comuni, di gestione del potere. Ma questo non significa che l'alternativa sia a portata di mano. Si può capire l'esultanza di Bersani, dopo tante amarezze. Ma «il vento del Nord» evocato dal segretario del Pd soffia da un quadrante ancora indecifrabile. Dalle urne escono due Partiti Democratici. C'è quello che vince a Torino con Piero Fassino: vittoria limpida, figlia di una campagna condotta su registri di civiltà politica non meno che del positivo decennio di Chiamparino. C'è quello che si afferma a Bologna con qualche fatica, ma in fondo senza correre rischi.
Poi c'è un secondo Pd. Un Pd che nelle città chiave di Milano e Napoli ottiene i suoi successi sotto la bandiera di personaggi espressi da due alleati che si chiamano Vendola (Pisapia a Milano) e Di Pietro (De Magistris a Napoli). Alleati scomodi, ormai cementati intorno a Bersani come compagni di viaggio troppo ingombranti per essere sbarcati alla prima occasione. Il triangolo con Vendola e Di Pietro non è lo schema a cui pensava il vertice del Pd: né Bersani né D'Alema né per la sua parte Veltroni. Ma ormai è imposto dalla realtà elettorale. L'apertura ai moderati del cosiddetto «terzo polo» (peraltro modesto nei numeri e contraddittorio nelle scelte politiche) perde senso e verosimiglianza.
Bersani dovrà costruire adesso una credibile alternativa a un Berlusconi al tramonto. Ma commetterebbe un errore fatale se desse l'impressione che il traguardo è dietro l'angolo. Invece la costruzione di una sinistra di governo sarà ancora lunga e faticosa. Per ora sappiamo che esiste un asse obbligato con Vendola e Di Pietro. Si tratterà di spiegarlo agli italiani, non solo a Milano e Napoli. E poi di trasformarlo in una proposta concreta. Senza dimenticare l'avanzata del movimento «Cinque Stelle» dei seguaci di Beppe Grillo. Una protesta che è soprattutto anti-Pd, in grado di provocare un'impressionante dispersione di voti a sinistra. Segno di una diffidenza, quando non di un'ostilità, verso il centrosinistra e i suoi equilibri. Anche questo fattore peserà sul prossimo futuro. La strada è lunga, soprattutto perchè potrebbe aver ragione l'anziano Emanuele Macaluso, un uomo che la sinistra la conosce bene: il voto di ieri indicherebbe una crisi globale del sistema politico, talmente anchilosato da non riuscire a riformarsi, ma solo a esplodere e frammentarsi. Se è così, si può dire che Atene piange, ma Sparta non ride.
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