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Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2013 alle ore 07:38.

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La chimica vede la ripresa nel 2014

Il meno ci sarà anche sul 2013. E questa è la prima certezza dell'analisi annuale sulla situazione e le prospettive del 2013 elaborata da Federchimica. Ma questo meno non è il segno della debolezza intrinseca della chimica italiana. La particolarità che può indicare questo settore semmai è la difficoltà enorme delle condizioni di mercato che dipendono dai settori clienti. Così ipotizzando che i recenti segnali di miglioramento possano consolidarsi a partire dall'autunno, per quest'anno è previsto un arretramento della produzione del 2,2% in volume. Con i prezzi che rimangano stazionari.

Il segno positivo potrebbe tornare a partire dal prossimo anno, quando, al netto di stravolgimenti del quadro attuale, è prevista una moderata ripresa della produzione (+1,3%) dovuta in gran parte al rafforzamento dell'export che crescerà del 2,5% – grazie alla vivacità della domanda mondiale e al ritorno alla crescita dell'Europa – e anche della domanda interna che invece aumenterà dello 0,9%.

Sia nel breve che nel medio periodo emerge una insospettabile capacità di esportazione della chimica, strettamente legata al profondo cambiamento dell'industria italiana, avvenuto a passo di specializzazione nelle produzioni e innovazione. Pur risentendo della contrazione del mercato europeo che rappresenta il 60% delle vendite estere, l'export chimico nei primi 5 mesi del 2013 è cresciuto dell'1% in valore, grazie alla crescita sui mercati extra Ue dove c'è stato un aumento del 4,5%. Come spiegano dall'ufficio studi di Federchimica, sta emergendo la capacità della tipica media impresa di andare a vendere anche in mercati lontani e difficili. Si va dappertutto, negli Stati Uniti, così come in Messico, Brasile, Cina. Così se si va a vedere la classifica dei paesi dove si esporta di più non ce n'è uno che brilla più di altri. Del resto i settori della chimica sono 30 e le imprese 2mila. Questo quadro è semmai il risultato degli sforzi di internazionalizzazione e di miglioramento dei prodotti.

Dietro le sofferenze del settore ci sono i clienti che sono in difficoltà di domanda e soprattutto di credito come dicono dall'ufficio studi di Federchimica. La frase che ricorre spesso tra gli imprenditori del settore ormai è diventata: «Non possiamo continuare a fare la banca dei nostri clienti, finanziandoli, allungando i tempi di pagamento». Il rischio è infatti quello di indebolire l'azienda stessa. L'industria chimica ha resistito meglio di altri settori alla recessione e le crisi aziendali sono ancora rare. Non c'è un fenomeno diffuso per ora. Così come l'incidenza delle sofferenze sui prestiti bancari è la più bassa nel panorama industriale italiano: il 3,9% della chimica è ben lontano dal 21,4% della moda o dal 17,4% dei mezzi di trasporto o dal 17,1% del legno-arredo.

Nei prossimi mesi ci si può aspettare un miglioramento del mercato interno. Dopo le elezioni c'è stata una situazione di tale incertezza che le aziende si erano ritirate dal mercato, perché il consumatore si era ritirato dal mercato. Con la ripresa dei consumi i magazzini si sono svuotati e a quel punto la produzione è ripartita per ricostituire il vuoto che si era creato. Considerato che vanno molto bene i settori che esportano, nella chimica è emersa l'importanza della filiera per così dire allargata. Soprattutto perché è attesa una ripresa delle esportazioni a livello mondiale. Per la chimica però l'Europa continua ad essere molto importante – pesa per circa il 60% – a causa dei costi molto elevati del trasporto dei prodotti.

La chimica, come è noto, è molto sensibile alle inversioni cicliche e quindi molto utile per fare previsioni. In questa fase stanno arrivando dal basso segnali forti che qualcosa sta cambiando e così la seconda parte di quest'anno potrebbe essere la base per il ritorno al segno più. Per il 2014 infatti l'ufficio studi di Federchimica prevede che possa farsi strada una moderata ripresa dei livelli produttivi (+1,3%) guidata dal parziale recupero della domanda interna (+0,9%) e dal rafforzamento dell'export (+2,5%).

Rimane irrisolto invece il nodo del costo delle materie prime. Nella chimica fine e specialistica il calo è stato finora molto contenuto e proprio questo rimane un aspetto problematico. È infatti su livelli estremamente elevati, tra il 20 e il 40% più alti del 2007. Sommando il fattore dollaro svalutato e quello costo materie prime che non è stato trasferito a valle, il risultato è che i margini si sono assottigliati. E l'esposizione forte sui mercati esteri non rappresenta certo la chiave di volta perché l'intensa concorrenza internazionale crea forti pressioni al ribasso.
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