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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2013 alle ore 22:38.

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Ciò esclude che lo statuto possa avere un contenuto diverso da quello stabilito dal legislatore e implica, altresì, che – essendo i soci tenuti ad adottare un modello di atto costitutivo riproduttivo della disciplina stabilita dal legislatore - se il legislatore modifica tale disciplina, le clausole statutarie difformi, valide e vincolanti per il passato, dovrebbero perdere efficacia per il futuro (48).
In altre parole, appare difficile sostenere la sopravvivenza del divieto di cessione a soggetti non aventi i requisiti d'età (vigenti all'epoca della costituzione), quale clausola ascrivibile alla categoria delle disposizioni convenzionali volontarie, in grado di resistere alla normativa sopravvenuta.
Si tratta di una conclusione analoga a quella a suo tempo adottata in tema di abrogazione successiva dei vincoli di inalienabilità posti dall'art. 35 l. 865/1971 e riprodotti nelle clausole delle convenzioni fino a quel momento stipulate, che sancivano la nullità delle alienazioni compiute in violazione dei divieti. Si è ipotizzato, infatti, che per effetto dell'abrogazione di tali divieti, le clausole delle convenzioni che li riproducessero dovessero intendersi prive di effetto (49).
Occorre, inoltre, tenere presente che mentre per i divieti di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica la legge non imponeva l'obbligo di inserire espressamente gli stessi nelle convenzioni e che, pertanto, l'adozione di tali clausole era volontaria, nel caso delle s.r.l. semplificate la presenza del divieto di cessione era obbligatoria, in quanto allora imposta dal modello standard.
Si era, inoltre, pervenuti a conclusioni simili in merito alla questione dell'introduzione della disciplina del sindaco unico nelle s.r.l. per effetto dell'art. 14, commi 13 e 14, della legge 12 novembre 2011, n. 183 e, successivamente, dell'art. 35 del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5 convertito in legge 4 aprile 2012, n. 35 (50).
E va anche considerato che la sopravvenuta inefficacia di clausole statutarie incompatibili con la normativa succedutasi nel tempo è fenomeno che si è verificato anche quando è entrata in vigore della riforma del diritto societario.
L'art. 223-bis disp. att. c.c., il quale concedeva un termine per adeguare gli statuti delle società di capitali a tale riforma, prevedeva che in ogni caso, scaduto il predetto termine, in mancanza di tale adeguamento le disposizioni in contrasto con le nuove norme "inderogabili" avrebbero in ogni caso perso efficacia.
Considerato che nelle s.r.l. semplificate la volontà delle parti non può derogare al contenuto legale dell'atto costitutivo, la sopravvivenza di clausole in contrasto con le norme sopravvenute implicherebbe la presenza di statuizioni volontarie incompatibili con la nuova disciplina, le quali sembrano, dunque, destinate a perdere efficacia.

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